Odio di classe in tempi di crisi

« Older   Newer »
  Share  
LokiTorino
view post Posted on 28/5/2010, 13:28




Apro sto topic dove inserire le notizie che riusciamo a recuperare in rete sulla questione "immaginario" legate all visione di classe tra il popolo (noi) e le classi dirigenti (loro) nella fase di scarico dei costi della crisi che stanno attuando.

Saranno benvenuti articoli su dichiarazioni del prepotente di turno, costi della casta (auto blu, indennizzi, consulenze) e robe similari.

Parto con questa chicca:

Brembo - Lo sciopero di tre giorni, con inizio da oggi, indetto dai lavoratori della Brembo e' "ridicolo, di cattivo gusto e fuori luogo". Lo ha affermato Alberto Bombassei.
Bombassei: "Lo sciopero è ridicolo e di cattivo gusto"


image

Lo sciopero di tre giorni, con inizio da oggi, indetto dai lavoratori della Brembo e' "ridicolo, di cattivo gusto e fuori luogo". Lo ha affermato il presidente e amministratore delegato del gruppo bergamasco, Alberto Bombassei, oggi a margine della presentazione di un nuovo prodotto.
"Oggi e' il primo dei tre giorni di sciopero, per una cosa veramente ridicola - ha detto -. In un momento come questo in cui la maggior parte dei lavoratori subisce una riduzione del salario noi ne abbiamo incrementato la parte variabile.
Il dissenso tra la Fiom e gli altri due sindacati ha fatto in modo che non si firmasse; è curioso che la Fiom abbia convinto Fim e Uilm a non firmare. Fare sciopero ora lo trovo di cattivo gusto e fuori luogo, il sindacato dovrebbe chiedersi come mai le aziende delocalizzano".
 
Top
Lavrentij
view post Posted on 28/5/2010, 13:59




giro questo mio vecchio status di fb non tanto perchè scritto bene, quanto perchè dovrebbero far riflettere i dati

A quanto dicono i tg, Briatore rischia una multa per evasione fiscale da 40 milioni di euro.
A quanto dicono i tg, la Regione Toscana recupera annualmente dall'evasione 80 milioni di euro.
Che stato sociale avremmo se questi infami pagassero quel "poco" che gli viene chiesto?
 
Top
Nick 81
view post Posted on 28/5/2010, 18:17




l'imbarcazione è stata sequestrata dalla guardia di finanza
Gregoraci: «Fuori dal nostro yacht Nathan Falco non è più sereno»
La ex showgirl parla del «terribile incubo»: «Il bambino ha risentito più di tutti di questo brusco cambiamento»


MILANO - «Da quando siamo stati costretti ad abbandonare il nostro yacht il piccolo Nathan Falco piange spesso, non è più tranquillo e sereno come prima». Elisabetta Gregoraci, in un'intervista al settimanale Diva e donna, parla di quello che definisce un «terribile incubo» vissuto dopo il sequestro da parte della Guardia di finanza dello yacht "Force Blue" sul quale viveva con il figlio di due mesi e il marito Flavio Briatore, ora indagato per contrabbando e frode fiscale.

NOSTALGIA - «Il nostro bambino è quello che ha risentito di più di questa situazione, di questo brusco cambiamento - spiega la ex showgirl -. Da quando siamo usciti dalla clinica di Nizza dove ho partorito, ha vissuto a bordo dello yacht: ora non è più tranquillo e sereno come prima, sente la mancanza della sua cameretta bianca, dei suoi spazi, che lo hanno protetto fin dai primi giorni».
http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_...44f02aabe.shtml



AI LAVORI FORZATI!!!!
 
Top
RUDE*BWAY
view post Posted on 28/5/2010, 18:23




poveretto....
 
Top
rikycccp
view post Posted on 28/5/2010, 19:55




complimenti per il nome...
 
Top
LokiTorino
view post Posted on 17/6/2010, 10:25




FIAT: FASSINO, SE FOSSI UN OPERAIO DI POMIGLIANO FIRMEREI L'ACCORDO

Roma, 17 lug. - (Adnkronos) - «Se fossi un operario di Pomigliano firmerei l'accordo, è il male minore». Lo dice, al 'Fogliò, Piero Fassino. «Per i lavoratori di Pomigliano le condizioni sono onerose», ammette l'ex segretario dei Ds sottolineando, tra l'altro, che «il sindacato ha fatto finta di non vedere la bassa produttività e l'inefficienza» dello stabilimento. Il dirigente del Pd si rivolge alla Fiom, «ci ripensi», e tra le altre cose parla di «capacità di fare i conti con la realtà» e del rischio «di essere velleitari, mentre viviamo nel tempo in cui i contratti si rinegoziano»
 
Top
sattanik84
view post Posted on 17/6/2010, 14:01




si sfrutta lo stereotipo della fabbrica meridionale dove tutti sono in malattia o a giocare a carte...
le condizione della Fiat sono inaccettabili
Se i comunisti fosse per la nazionalizzazione della Fiat a costo zero, visti i contributi presi per impegni disattesi (vedi Alfa Romeo di Arese)...
peccato che non sono Paolo Ferrero...
 
Top
LokiTorino
view post Posted on 23/6/2010, 14:03




Il Pd contro la Rai: troppo spazio alla Fiom su Pomigliano

Mentre i Giovani Democratici, all’indomani della manifestazione nazionale del partito, hanno ritenuto di dover intervenire contro l’utilizzo del termine “compagne e compagni” da parte dell’attore Fabrizio Gifuni (forse irritati dalla standing ovation riservatagli dalla sala), i loro compagni, pardon amici, adulti hanno deciso che per il Pd è ormai giunto il momento di rompere anche con un altro storico punto cardine del Partito Comunista Italiano: il legame con la Cgil e la classe dei lavoratori e delle lavoratrici in lotta.

Il senatore piddini Benedetto Adragna ha così preso carta e penna e ha scritto al presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli, spiegando che “è nostro dovere segnalarLe una palese mancanza di rispetto circa l’informazione sul mondo sindacale nella sua interezza da parte di tutti i principali telegiornali RAI e in particolare del TG3 nell’informare sull’accordo alla FIAT di Pomigliano. [...] Uno spazio soverchiante è stato dedicato alle posizioni assunte dalla FIOM Cgil, senza alcun contraddittorio o riferimento a posizioni alternative, se non in misura irrilevante, assunte da altre componenti del sindacalismo che invece rappresentano la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani e degli stessi dipendenti della FIAT di Pomigliano”.
“Dispiace – si legge nella parte conclusiva della missiva – che, in un momento come quello attuale, segnato da una profonda crisi, i cittadini italiani, e dunque i lavoratori, non possano sempre contare su un’informazione il più possibile completa“.
Seguono altre firme di senatori democratici, Baio, Biondelli, Chiurazzi, D’Ubaldo, Garavaglia, Papania, Rossi, e del rutelliano Gustavino di “Alleanza per l’Italia”.

Quindi il problema dell’informazione pubblica del nostro Paese non è, secondo il Partito Democratico, la mancata copertura della mobilitazione dei cittadini dell’Aquila o la totale accondiscendenza alla filosofia dell’ottimismo come strumento anti-crisi propugnata per mesi da Berlusconi prima di approvare una manovra lacrime e sangue su cui pesa il silenzio assordante di molti esponenti democratici, bensì il fatto che alcuni giornalisti del Tg3 si siano permessi di dare un pò di spazio in più agli esponenti della Fiom e alle loro ragioni quando quotidianamente, per una settimana, tutta Confindustria, il Governo, la maggioranza, parte dell’opposizione, due sindacati confederali, la stragrande maggioranza dell’informazione si sono mobilitati per far passare le ragioni del “sì” all’accordo di Pomigliano.

Altro che “compagni”.

Mattia Nesti
 
Top
RUDE*BWAY
view post Posted on 22/7/2010, 11:03




La Fiat scrive ai dipendenti in Abruzzo
"Troppe malattie alla Sevel, attenti"

http://ilcentro.gelocal.it/chieti/cronaca/...attenti-2188880

Dopo il caso Pomigliano, il gruppo Fiat contesta le troppe assenze per malattia anche ai dipendenti dello stabilimento Sevel in Val di Sangro, dove si producono i furgoni Ducato. Lettera a venti operai: troppi certificati medici nel primo semestre del 2010. I sindacati insorgono
di Alberto Savelli
ATESSA. La Fiat a caccia di assenteisti, veri o presunti, non solo a Pomigliano ma anche in Abruzzo, nella Val di Sangro. La Sevel, azienda del gruppo torinese che produce i furgoni Ducato, contesta ai lavoratori le troppe assenze per malattia. La Fiom-Cgil attacca l'azienda e parla proprio di "effetto Pomigliano". Sono una ventina finora i casi, registrati dalla Fiom, di lavoratori ai quali la direzione ha inviato una lettera di richiamo per rilevare ipotesi di assenteismo anomalo durante il primo semestre 2010. Ma, a detta del sindacato delle tute blu della Cgil, i casi sarebbero assai più numerosi.

A scatenare la protesta è soprattutto la parte conclusiva della lettera, in cui la Sevel afferma che «perdurando una discontinuità nella prestazione lavorativa, l'azienda si riserva ulteriori e più approfondite valutazioni e decisioni in merito alla prosecuzione del rapporto di lavoro».

Per Marco Di Rocco, segretario provinciale della Fiom, si tratta di «atti di vera intimidazione nei confronti dei lavoratori, con i quali si minaccia il licenziamento». La lettera è stata inviata a dipendenti che hanno accumulato picchi di assenze per malattia.

«Dalla documentazione inviataci e in nostro possesso, rileviamo che a consuntivo del primo semestre 2010 Ella ha accumulato nel corso dell'attività lavorativa presso la nostra azienda un rilevante numero di giorni di assenza», scrive la Sevel. La direzione non contesta la validità dei certificati medici nè la legittimità delle assenze, ma ritiene «che tale situazione non può non avere rilevanti riflessi sulla continuità della prestazione lavorativa».

Ma per Di Rocco l'affermazione della direzione Sevel rappresenta «un fatto grave e inaudito, perché colpisce operai che hanno seri problemi di salute». Ma soprattutto secondo la Fiom la missiva è la chiara dimostrazione «dell'inizio della Pomiglianizzazione della Sevel». Secondo la Fiom, insomma, si appresterebbe ad usare nello stabilimento di Atessa gli stessi metodi autorizzati con l'accordo di Pomigliano d'Arco, usando la mano pesante con chi si assenta dal lavoro, ma senza tener conto delle reali cause. «La Fiat oltretutto con questo gesto offende l'onestà di 6200 lavoratori», sostiene Di Rocco. La Fiom annuncia battaglia. Raccoglierà tutte le lettere spedite alle maestranze e le rispedirà al mittente.
 
Top
LokiTorino
view post Posted on 15/9/2010, 10:41




Prima o poi ci scappa il morto

di Giampaolo Pansa

Un mazzo di rose alla petardista di Torino. Dovrebbe mandarlo Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, per ringraziare la ragazza di aver sbagliato mira nel lanciargli addosso un fumogeno alla festa nazionale del Pd. Se la guerrigliera Rubina Affronte, anni 24, una bella figliola bruna, si fosse rivelata più abile nel getto del petardo, Bonanni, non sarebbe qui a raccontarla. Invece di fargli soltanto un buco nel giubbotto, il proiettile ricevuto in piena faccia lo avrebbe sfigurato per sempre. O magari accoppato.

Non è vero che “un fumogeno non ha mai ucciso nessuno”. A sentire il Corriere della sera del 10 settembre, è questa la sentenza lapidaria e bugiarda emessa dalla stessa Rubina e dai suoi compagni. Tutti insieme formano una boriosa squadra antagonista che, invece di stare in galera da un pezzo, concede interviste ai giornali. Al Corriere hanno spiegato: «Di giacche Bonanni se ne può comprare altre. Non piangiamo certo per un pezzo di stoffa». Sono parole avventate perché non tengono conto di un’ipotesi molto realistica che tra un istante descriverò.

C’è un fatto che stupisce nella sequenza di aggressioni violente attuate fra la fine di agosto e questo inizio di settembre. Sempre per mano di antagonisti rossi contro obiettivi ritenuti forcaioli, reazionari, fascisti e dunque da aggredire. Vogliamo rammentarli? Una festa leghista nella Bergamasca con tre ministri, un dibattito a Como con il senatore Dell’Utri, una seconda missione a Milano sempre contro Dell’Utri, il presidente del Senato Schifani, il vecchio cislino Marini (soltanto fischiato) e infine Bonanni, questi ultimi tre a Torino.

Un ciclo offensivo attuato da gruppi collocati tutti nella sinistra antagonista. Svelti di mano, però lenti di testa. Infatti, a stupire è che non mettano in conto una violenza uguale e contraria. Sono convinti di avere il monopolio dello scontro fisico. E non immaginano la discesa in campo di bande capaci di fare peggio di loro. Lanciando ordigni ben più pesanti dei petardi torinesi. Con guasti irrimediabili al bel faccino di Rubina.

Ecco un’ipotesi molto realistica. Tanti media fanno finta di niente, come gli struzzi. Senza rendersi conto che si rischia l’inizio di un conflitto coperto di sangue, uno scontro già visto in altri momenti della storia italiana. Le condizioni ci sono tutte. Una casta politica screditata. Un governo debole. Una maggioranza e un’opposizione incerte sul da farsi. Una crisi economica che indebolisce i ceti meno protetti. Un’immigrazione che si espande incontrollata. Una criminalità capillare. Infine i famosi giovani senza avvenire, troppo coccolati dalle famiglie, dai media, dai preti.
E mai educati a guardare al proprio futuro con realismo, senza sogni da paese dei balocchi.

Questa è l’Italia del 2010, signori dei partiti. Il Bestiario vi rammenta che siete seduti su una polveriera. E vi consiglia di evitare le prediche fatte in questi giorni. Qui ne citerò due. La prima è di Piero Fassino, uno dei big del Pd. Intervistato dalla Stampa, ha spiegato le aggressioni di Torino così: «Chi ha fischiato lo ha fatto indignato per l’arroganza con cui la destra governa, per l’affarismo di cui ha dato tante prove in questi anni. Quei fischi sono anche la conseguenza dell’imbarbarimento della vita politica, dell’incanaglimento della destra e per capirlo basta guardare che cosa è Il Giornale…».

Insomma è tutta colpa di Silvio Berlusconi e di Vittorio Feltri. Pensavo che il purgatorio di Fassino, messo nell’angolo da Bersani & C, non avrebbe distrutto il suo acume. Mi sbagliavo. Se davvero ha parlato in quel modo, Fassino si è bevuto il cervello. Auguri di pronta guarigione, anche per essere pronto in caso di nuovi assalti.

Ma ben più da Bestiario di lui è un capo partito: Antonio Di Pietro. Subito dopo la prima aggressione contro Dell’Utri a Como, ha lanciato un proclama di guerra: «Iniziamo a zittire quelli come Marcello Dell’Utri in tutte le piazze d’Italia, perché non è lì che dovrebbero stare, ma in galera… I fischi sono segnali positivi. Se personaggi come Dell’Utri vengono cacciati a suon di fischi dalle piazze, forse il risveglio sociale non è poi così lontano. C’è ancora un’Italia pronta a indignarsi».

Ignoro se Di Pietro, un ex magistrato, si sia reso conto delle pericolose conseguenze delle sue parole. Forse no. Perché, come succede spesso ai big della casta, ritiene di essere un Premio Nobel della furbizia. In altri tempi, molti avrebbero provato ribrezzo per un parlamentare di prima fila che incita a compiere reati. Ma oggi non esistono più regole. Il Cavaliere si sarà perduto dietro le escort raccolte a Palazzo Grazioli. Eppure mi sembra meno colpevole di un Di Pietro che spera di vincere a furia di linciaggi. Sarebbe perfetto con il cappuccio razzista del Ku Klux Klan.

Sapevo che la Seconda Repubblica sarebbe affondata nel disonore. Ma non la credevo capace di suicidarsi, eccitando l’estremismo. Aldo Moro venne rapito e ucciso dalle Brigate rosse, però non gli aveva mai strizzato l’occhio, dicendogli: colpite duro noi dei partiti. Oggi assistiamo a questo paradosso stomachevole. Con il risultato che, prima o poi, ci scapperà il morto. Se accadrà, speriamo che gli irresponsabili come Di Pietro non abbiano la faccia di presentarsi ai funerali.
 
Top
rikycccp
view post Posted on 15/9/2010, 15:45




ormai è sul trash spinto pansa...
 
Top
Lavrentij
view post Posted on 16/9/2010, 20:51




Marchionne insulta gli operai: "Faccio più sacrifici di voi"
Giovedì 16 Settembre 2010 14:19
Continua il botta e risposta tra gli operai della Fiat e Sergio Marchionne. E questa volta sembra proprio si sia raggiunto il limite. I lavoratori si lamentano? Prima di contestare dovrebbero chiedersi "se sarebbero disposti a fare una vita come la mia". È quanto ha affermato l'amministratore delegato della casa automobilistica torinese nella conferenza stampa al termine dell'assemblea degli azionisti.
«Voglio rispondere alla domanda che mi hanno fatto fuori», ha detto Marchionne riferendosi al presidio di alcune organizzazioni sindacali davanti al Lingotto, «se sia giusto che io venga pagato 400 volte il salario più basso di questa azienda. Intanto la relazione è sbagliata, perché bisogna fare il calcolo su un salario medio pagato dalla Fiat in tutte le parti del mondo. A parte questo, io vorrei sapere quante di queste persone sono disposte a fare questa vita qui. Domandi quando è l'ultima volta che sono andato in ferie e poi ne parliamo».
Il problema, ha continuato, è che «si parla sempre di diritti e mai di doveri. Bisogna volere bene a questo Paese e rimboccarsi le maniche per lavorare. Io stamattina quando sono arrivato alle sei e mezza non mi sono preoccupato se i miei diritti erano stati rispettati, sono andato a lavorare. Non possiamo - ha proseguito - fare discorsi provinciali per gestire un'azienda che ha ambizioni e posizioni globali. Sono due cose completamente diverse. Quindi quando sento questi discorsi, anche da gente che storicamente ho sempre rispettato intellettualmente, mi dà un grandissimo fastidio ma mi dispiace anche. È tutto lì, non è tanto complicato il discorso. Il problema è che bisogna andare fuori dall'Italia. Uno va in giro, si guarda intorno e torna con le idee molte più chiare».
http://www.nuovasocieta.it/attualita/7849-...ci-di-voiq.html

di Giuseppe Provenzano su l’Unità – 16 settembre 2010

Idisperati salgono sui tetti, e prima o poi accade: uno si butta giù. Si buttano giù, i giovani italiani, al Sud più che altrove, quando arriva il giorno in cui si chiedono: a cosa è servito tanto studiare? Un giorno di settembre, se mancanotre mesi alla laurea, o al dottorato, e si chiedono che fare dopo. Dopo che sei salito su un tetto, e non vedi una via per scendere, e se scendi non vedi una via – che fai, dopo? Di Norman Zarcone, 27 anni, dottorando in filosofia del linguaggio, laureato con la lode, che si è buttato giù, da un terrazzo al settimo piano della Facoltà di Lettere di Palermo, interessa il prima. Interessa la vita. La sua vita di ogni giorno prima, come le vite degli altri. Dei ragazzi che hanno studiato tanto, e bene. Di quelli che hanno una passione, la ricerca, e per quella si sottopongono allo scandalo moderno dei dottorati senza borsa, nella disperanza che prima o poi qualcuno si accorga del merito. I dottorandi senza borsa, come i praticanti senza stipendio, i dipendenti senza contratto, e così via, senza via.Oi ricercatori pronti ad aspettare – all’Università, si sa, si attende – a patto di avere una prospettiva, per quanto incerta. E che ora sono pronti a protestare – all’Università, non si sa, ma si protesta – perché la prospettiva è negata. E quando protestano, anche nella civilissima a Bologna, subiscono il ricatto di un Senato accademico che minaccia di sostituirli – nell’insegnamento non dovuto – con i docenti a contratto. Dando di più a quelli che già hanno – perché nell’Italia di oggi, così si affronta la crisi, per questa via. Senza una via, attendeva Norman, senza prospettiva, come gli altri. Nella condizione dell’eterno esame riservato a chi non ha la fortuna di averli già vinti gli esami – cioè, ereditati. Nella negazione dell’etica pubblica, del diritto allo studio, al lavoro. Di tutto ciò che Napolitano con tenacia riafferma ogni giorno – e ancora ieri, nell’Italia di Adro, di Gelmini e Tremonti sordi e muti e complici – sulla scuola e la formazione, la ricerca e il merito, contro i tagli indiscriminati, e discriminanti sul futuro. Proprio quello cheNormannon ha visto più, il mattino dopo di una vita in cui ha creduto nello studio, ma anche nell’«etica del lavoro»: dopo un’estate passata a piantare ombrelloni nelle spiagge per venticinque euro al giorno. Chissà cos’ha pensato, ogni giorno. Quanti giorni a 25 euro ci vogliono per farsi una casa, una famiglia o forse solo un viaggio con la ragazza? Il tempo di accorgersi, un giorno, che a uno come Norman, o a un’altra, sono stati negati anche i tempi biologici. E ci si butta giù, a pensare ai professori che ti scoraggiano, ti invitano ad andartene o a mollare. A fare altro. E cosa? Ci si butta giù, a pensare alle vite dei padri quando avevano l’età nostra.Apensare alle case, alla casa del padre dove si è costretti a vivere, nell’attesa. Ora, derubricate pure questa morte – di cui non ha parlato nessun giornale nazionale, nella catasta di tragedie quotidiane e di miserie da prima pagina – a episodio di “disagio giovanile”. Il tema è questa vita: la vita agra nell’Italia di oggi dei giovani a un cornicione che fumanol’ultima sigaretta,comeraccontano gli ultimi testimoni della vita di Norman. La vita offesa dei giovani che si buttano giù o che stanno lì per sempre, immobili e in bilico, precari sull’orlo, precaria la vita. È l’Unità negata, per i tanti che da Mezzogiorno prendono la via del Nord, perché alla domanda – a cosa serve tanto studiare? – hanno trovato una sola risposta: a emigrare. È l’Italia negata, per tutti quelli che sono costretti a lasciare la casa del padre alla ricerca di un pezzo di cielo, comeunica via. Lech lechà, vattene. L’Italia della cacciata, della fuga, delle defezioni. Gli esuli di una nazione che non risorge, e che si butta giù. Molti amici di Norman, dalle loro città settentrionali o straniere, non hanno potuto partecipare al funerale; e danno voce al loro lamento, su facebook. In questi giorni, la gente del Sud si è ritrovata ai funerali. A Sant’Orsola di Palermo, come al porto di Acciaroli. Durante l’omelia, però, stavolta, nessuno ha potuto gridare, come per Angelo Vassallo, “speriamo che i responsabili non siano tra noi”. Ché “questa generazione è sacrificata ogni giorno” – dice Masino, collega e coetaneo di Norman. E mentre un padre – che confessa di aver cercato, invano, tutte le raccomandazioni – grida all’« omicidio di Stato» e piange un figlio al cimitero, l’Italia non si cura del destino dei suoi agnelli. I tanti Isacco dell’assassinio consumato, senza più angeli a fermare la mano. Nel nome degli altri padri. Nel nome dei padrini. E così non sia.

http://www.claudiograssi.org/wordpress/201...na-vita-offesa/
 
Top
15 replies since 28/5/2010, 13:28   379 views
  Share