Costanzo Preve - Verità filosofica e critica sociale

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KevinBeijing
view post Posted on 2/8/2010, 20:07




CITAZIONE (Manfr @ 2/8/2010, 20:21)
Mah, a me non pare granchè verosimile la natura interclassista della lingua, basti pensare all'evoluzione del latino nel Medioevo o alla compresenza, in lingue come l'egiziano e, appunto, il latino di diversi livelli lessicali corrispondenti proprio alle classi sociali (del resto, cosa sono i dialetti di oggi se non sopravvivenze delle lingue "popolari" rispetto alla lingua nazionale inventata dalla borghesia per unificare il paese e con esso i mercati?).

Sono perfettamente conscio di essere un piccoloborghese e di non essere un marxista-leninista :D

Bene, allora se ne sei consapevole e non lo espliciti se non quando vieni smascherato e colto in fragranza, sei un illusionista che tenta di ingannare i compagni appena gli è possibile.

Ma lo hai letto il saggio di Stalin?
Eccoti alcuni passaggi che dovresti leggere.
SPOILER (click to view)

Che cosa è mutato nella lingua russa in questo periodo? In una certa misura, è mutato il lessico della lingua russa, nel senso che è stato arricchito da un cospicuo numero di nuove parole ed espressioni, scaturite in relazione con il sorgere della nuova produzione socialista, con l'apparire del nuovo Stato, della nuova cultura socialista, di un nuovo costume, di una nuova morale e, infine, in relazione con lo sviluppo della tecnica e della scienza; è mutato il significato di molte parole ed espressioni, che hanno preso un nuovo significato; è scomparso dal vocabolario un certo numero di parole antiquate. Ma per quanto riguarda il patrimonio lessicale fondamentale e la struttura grammaticale della lingua russa, che costituiscono il fondamento del linguaggio, essi, dopo la liquidazione della base capitalistica, lungi dall'essere stati liquidati e soppiantati da un nuovo patrimonio lessicale fondamentale e da una nuova struttura grammaticale del linguaggio, sono stati conservati nella loro integrità e non hanno subìto alcun serio mutamento: sono stati conservati precisamente come fondamento della moderna lingua russa.

...
Per questo aspetto, la lingua differisce radicalmente dalla sovrastruttura. La lingua non è il prodotto di questa o quella base, di una base vecchia o nuova, entro una determinata società, ma dell'intiero corso della storia della società e della storia delle basi per secoli e secoli. Essa è stata creata non da una classe, ma da tutta la società, da tutte le classi della società, dagli sforzi di centinaia di generazioni. Essa è stata creata per soddisfare le necessità non di una sola classe, ma di tutta la società, di tutte le classi della società. Precisamente per questo è stata creata come un unico linguaggio per la società, comune a tutti i membri di essa, come linguaggio comune di tutto il popolo. Di conseguenza, la funzione ausiliare del linguaggio, come mezzo di comunicazione tra gli uomini, consiste non nel servire una classe a danno di altre classi, ma nel servire egualmente tutta la società, tutte le classi della società. Ciò difatti spiega il motivo per cui la lingua può egualmente servire sia l'antico, decrepito sistema, sia il sistema nuovo, nascente, l'antica base come la nuova, gli sfruttatori come gli sfruttati.
...

Per questo aspetto la lingua, mentre differisce in linea di principio dalla sovrastruttura, non differisce dagli strumenti di produzione, dalle macchine, diciamo, che possono egualmente servire il sistema capitalista e quello socialista.

...


Si è detto sopra che la lingua, come mezzo di comunicazione tra gli uomini nella società, serve egualmente tutte le classi della società e per questo mostra una specie di indifferenza rispetto alle classi. Ma gli uomini, i singoli gruppi sociali, le classi sono lungi dall'essere indifferenti alla lingua. Essi si sforzano di utilizzare la lingua nei propri interessi, di imporle il proprio lessico particolare, i propri termini, le proprie espressioni particolari. Si distinguono in questo specialmente gli strati superiori delle classi abbienti, che sono separati dal popolo e lo detestano: l'aristocrazia nobiliare e l'alta borghesia. Si formano così i dialetti "di classe", i gerghi, le "lingue" da salotto. Nella letteratura non di rado questi dialetti e gerghi vengono non giustamente qualificati come lingue: "lingua nobiliare", "lingua borghese", contrapponendoli alla "lingua proletaria", alla "lingua contadina". Per questo motivo, per quanto possa sembrare strano, taluni dei nostri compagni sono giunti alla conclusione che la lingua nazionale sia una finzione e che in realtà esistano solo lingue di classe.
Credo non vi sia nulla di più errato di questa conclusione. Possono questi dialetti e gerghi essere considerati lingue? Certamente no. Non lo possono, innanzi tutto, perché questi dialetti e gerghi non hanno una loro struttura grammaticale e un patrimonio lessicale fondamentale: essi li prendono dalla lingua nazionale. Non lo possono, in secondo luogo, perché questi dialetti e gerghi hanno una sfera di applicazione ristretta ai membri dello strato più elevato di una determinata classe e sono del tutto inadatti come mezzo di comunicazione per gli uomini, per la società nel suo complesso. Che cosa vi è allora in essi? Vi è una raccolta di parole specifiche, che riflettono i gusti particolari dell'aristocrazia o dell'alta borghesia; vi è un certo numero di espressioni e di frasi che si distinguono per la ricercatezza e la preziosità, e sono privi delle espressioni e costruzioni "grossolane" della lingua nazionale; vi è, infine, un certo numero di parole straniere. Ma tutto l'essenziale, cioè la grandissima maggioranza delle parole e del sistema grammaticale, è preso dalla lingua comune, nazionale. I dialetti e i gerghi sono pertanto ramificazioni della comune lingua nazionale, non possiedono una indipendenza linguistica di qualsiasi genere e sono destinati alla stagnazione. Chiunque creda che i dialetti e i gerghi possano svilupparsi come lingua indipendente, che essi siano capaci di eliminare e soppiantare la lingua nazionale, ha perso ogni senso della prospettiva storica e abbandonato la posizione marxista.
Si fa riferimento a Marx e si cita un brano del suo articolo Sankt Max in cui si dice che i borghesi hanno "una loro lingua", che questa lingua "è il prodotto della borghesia", che essa è permeata di uno spirito di mercantilismo, di compra e vendita. Taluni compagni citano questo passo per provare che Marx credesse nel "carattere di classe" della lingua e negasse l'esistenza di una unica lingua nazionale. Se questi compagni avessero considerato la cosa obiettivamente, avrebbero dovuto citare anche un altro passo dello stesso articolo Sankt Max, in cui Marx, accennando alla questione del modo di formazione di una sola lingua nazionale, parla del "concentramento dei dialetti in una unica lingua nazionale, quale risultato del concentramento economico e politico".
Marx, di conseguenza, riconosceva la necessità di una unica lingua nazionale, come forma superiore a cui i dialetti, quale forma inferiore, sono subordinati.
Che cosa può essere allora la lingua borghese che, secondo le parole di Marx, è un "prodotto della borghesia"? Marx la considerava forse una lingua alla stessa stregua di una lingua nazionale, con la propria specifica struttura linguistica? Poteva egli considerarla in tal modo? Naturalmente no! Marx intendeva soltanto dire che i borghesi avevano inquinato la comune lingua nazionale con il loro lessico da mercanti, che i borghesi in altre parole hanno il loro gergo da mercanti.
E' pertanto evidente che questi compagni hanno travisato Marx. E lo hanno travisato perché hanno citato Marx non da marxisti ma da dogmatici, senza approfondire l'essenza della questione.
Si fa riferimento a Engels e si citano da Le condizioni della classe operaia in Inghilterra, le parole di Engels in cui egli dice che "... la classe operaia inglese con il passare del tempo è diventata un popolo completamente diverso dalla borghesia inglese", che "gli operai parlano un altro dialetto, hanno altre idee e concezioni, altri costumi e princìpi morali, un'altra religione e un'altra politica che la borghesia". Taluni compagni traggono da questo passo la conclusione che Engels negasse la necessità di una lingua comune, nazionale, che egli credesse, di conseguenza, nel "carattere di classe" della lingua. In realtà, Engels parla qui di un dialetto, non di una lingua, comprendendo perfettamente che, essendo un derivato della lingua nazionale, il dialetto non può sostituirsi ad essa. Ma questi compagni, evidentemente, non considerano con simpatia l'esistenza di una differenza tra lingua e dialetto.
E' ovvio che la citazione è inappropriata, perché Engels parla qui non di "lingue di classe", ma soprattutto di idee, concezioni, costumi, princìpi morali, sentimenti religiosi e opinioni politiche di classe. E' verissimo che le idee, le concezioni, i costumi, i princìpi morali, la religione e le opinioni politiche dei borghesi e dei proletari sono direttamente antitetici. Ma che c'entra qui la lingua nazionale o il "carattere di classe" della lingua? Forse che l'esistenza delle contraddizioni di classe nella società può servire come argomento a favore del "carattere di classe" della lingua o contro la necessità di una unica lingua nazionale? Il marxismo dice che la lingua comune è uno dei segni distintivi più importanti di una nazione, pur sapendo benissimo che in seno alla nazione vi sono contraddizioni di classe. Riconoscono i compagni di cui si è parlato questa tesi marxista?
Si fa riferimento a Lafargue e si dice che nel suo opuscolo La lingua e la rivoluzione egli riconosca il "carattere di classe" della lingua e neghi la necessità di una lingua comune nazionale. Ciò non è vero. Lafargue effettivamente parla di "lingua della nobiltà" o "lingua della aristocrazia" e di "gerghi" dei vari strati della società. Ma questi compagni dimenticano che Lafargue, non interessandosi della questione della differenza tra lingua e gergo e chiamando i dialetti ora "parlata artificiale", ora "gergo", dice in definitiva nel suo opuscolo che "la parlata artificiale dell'aristocrazia deriva dalla lingua comune a tutto il popolo, in cui parlavano il borghese e l'artigiano, la città e la campagna".
Di conseguenza, Lafargue riconosce l'esistenza e la necessità della comune lingua nazionale e comprende pienamente che la "lingua aristocratica" e gli altri dialetti e gerghi sono subordinati e dipendono dalla comune lingua nazionale.
Ne deriva che il riferimento a Lafargue non coglie nel segno.
Si fa riferimento al fatto che una volta in Inghilterra i lord feudali parlarono "per secoli" in francese mentre il popolo inglese parlava l'inglese, ciò che costituirebbe un argomento a favore del "carattere di classe" della lingua e contro la necessità di una comune lingua nazionale. Ma questo non è un argomento, è piuttosto una arguzia. Innanzi tutto non tutti i lord feudali parlavano allora francese, ma soltanto un piccolo strato più elevato di baroni feudali inglesi, alla corte e nelle contee. In secondo luogo, essi non parlavano una "lingua di classe", ma la comune normale lingua nazionale francese. In terzo luogo, sappiamo che questo trastullarsi con la lingua francese è scomparso in seguito senza lasciare tracce, cedendo il passo alla comune lingua nazionale inglese. Questi compagni pensano forse che i feudali inglesi abbiano "per secoli" comunicato con il popolo inglese per tramite di interpreti, che non usassero la lingua inglese, che non vi fosse allora una comune lingua nazionale inglese e che la lingua francese in Inghilterra fosse allora una cosa più seria di una lingua da salotto usata solo dall'alta aristocrazia? Come si può negare l'esistenza e la necessità di una comune lingua nazionale sulla base di "argomenti" allegri come questi?
Anche gli aristocratici russi un tempo si trastullavano con la lingua francese alla corte dello zar e nei salotti. Essi si inorgoglivano del fatto che, parlando russo, inciampavano nel francese, che sapevano parlare russo solo con accento francese. Significa ciò che non vi fosse allora in Russia una comune lingua nazionale russa, che la comune lingua nazionale fosse una finzione e la "lingua di classe" una realtà?
I nostri compagni commettono qui almeno due errori.
Il primo errore sta nel fatto che essi confondono la lingua con la sovrastruttura. Essi pensano che, avendo la sovrastruttura un carattere di classe, anche la lingua deve essere una lingua di classe e non una comune lingua nazionale. Ma ho già detto che la lingua e la sovrastruttura sono due nozioni differenti e che un marxista non può confonderle.
Il secondo errore sta nel fatto che essi considerano la contrapposizione di interessi della borghesia e del proletariato, la loro aspra lotta di classe, come una scissione della società, una rottura di qualsiasi legame tra le classi ostili. Essi credono che, essendosi scissa la società e non esistendo più una società unica ma solo delle classi, per questo non sia nemmeno necessaria una lingua unica della società, non sia necessaria una lingua nazionale. Se la società si è scissa, e non esiste più una lingua nazionale, cosa rimane? Rimangono le classi e le "lingue di classe". Naturalmente, ogni "lingua di classe" avrà la sua grammatica "di classe", una grammatica "proletaria", una grammatica "borghese". E' vero che queste grammatiche di fatto non esistono, ma ciò non turba questi compagni: essi credono che simili grammatiche finiranno per apparire.
Vi furono un tempo dei "marxisti", nel nostro Paese, i quali asserivano che le ferrovie rimasteci dopo la Rivoluzione d'Ottobre erano ferrovie borghesi, che sarebbe stato sconveniente per noi marxisti utilizzarle, che avrebbero dovuto essere divelte e che occorreva costruire delle ferrovie nuove, "proletarie". Per questo essi furono soprannominati "trogloditi"...
E' evidente che una tale visione primitiva e anarchica della società, delle classi, della lingua, non ha nulla in comune con il marxismo. Ma essa indubbiamente esiste e continua a prevalere nelle menti di taluni nostri compagni confusionari.
Naturalmente non è vero che, essendoci una aspra lotta di classe, la società si sia scissa in classi, le quali non siano più economicamente legate l'una all'altra nella società. Al contrario. Fino a che esisterà il capitalismo, i borghesi e i proletari saranno legati assieme da tutti i fili dell'economia, come parti di una unica società capitalistica. Il borghese non può vivere e arricchirsi se non ha a sua disposizione gli operai salariati; i proletari non possono continuare la loro esistenza, se non si assoggettano al salario dei capitalisti. La fine di qualsiasi legame economico tra di loro significherebbe la fine di qualsiasi produzione, e la fine di qualsiasi produzione porterebbe alla rovina della società, alla rovina delle classi stesse. Naturalmente nessuna classe vuole distruggere se stessa. Per questo, per quanto aspra possa essere la lotta di classe, essa non può portare alla scissione della società. Solo la ignoranza del marxismo e una totale incomprensione della natura della lingua possono aver suggerito ad alcuni nostri compagni la favola della scissione della società, delle lingue "di classe" e delle grammatiche "di classe".
Si fa pure riferimento a Lenin e si ricorda che egli aveva riconosciuto l'esistenza di due culture sotto il capitalismo, l'una borghese e l'altra proletaria, e che la parola d'ordine della cultura nazionale sotto il capitalismo è una parola d'ordine nazionalista. Tutto questo è vero e Lenin ha assolutamente ragione. Ma che c'entra il "carattere di classe" della lingua? Quando questi compagni si riferiscono a ciò che Lenin disse sulle due culture sotto il capitalismo, è evidente che vogliono suggerire al lettore che l'esistenza di due culture, borghese e proletaria, in una società, significhi che vi debbano essere anche due lingue, in quanto la lingua sarebbe legata alla cultura; che Lenin neghi quindi l'esistenza di una comune lingua nazionale; che Lenin sia per la lingua "di classe". L'errore di questi compagni sta nel fatto che essi identificano e confondono la lingua con la cultura. Ma la cultura e la lingua sono due cose diverse. La cultura può essere borghese o socialista, mentre la lingua, come mezzo di comunicazione, è sempre una comune lingua nazionale e può servire sia la cultura borghese che quella socialista. Non è un fatto che le lingue russa, ucraina, uzbeka, oggi servono la cultura socialista di queste nazioni, proprio come servivano le loro culture borghesi prima della Rivoluzione d'Ottobre? Questo vuol dire che si sbagliano profondamente questi compagni, affermando che l'esistenza di due differenti culture porti alla formazione di due lingue diverse e alla negazione della necessità di una lingua unica.
Quando parlava di due culture, Lenin partiva precisamente dal principio che l'esistenza di due culture non può portare alla negazione di una lingua comune e alla formazione di due lingue, che la lingua deve essere una sola. Quando gli esponenti del Bund accusarono Lenin di negare la necessità di una lingua nazionale e di considerare la cultura come "non nazionale", Lenin, come è noto, protestò risolutamente e dichiarò che egli combatteva contro la cultura borghese e non contro la lingua nazionale, la cui necessità egli considerava indiscutibile. E' strano che alcuni dei nostri compagni abbiano seguito le orme degli esponenti del Bund.
Per quanto riguarda il linguaggio unico, la cui necessità Lenin negherebbe, basta rivolgere l'attenzione alle seguenti parole di Lenin:
"La lingua è il mezzo più importante di comunicazione umana; l'unità della lingua e il suo sviluppo senza ostacoli è una delle condizioni più importanti per un commercio realmente libero e vasto, adeguato al capitalismo moderno, per un libero e vasto raggruppamento della popolazione in classi".
Ne deriva che i nostri egregi compagni hanno travisato le opinioni di Lenin.
Si fa infine riferimento a Stalin. Si cita il passo di Stalin, in cui si dice che "la borghesia e i suoi partiti nazionalisti erano e rimangono in tale periodo la principale forza dirigente di queste nazioni". Ciò è verissimo. La borghesia e il suo partito nazionalista realmente dirigono la cultura borghese, così come il proletariato e il suo partito internazionalista dirigono la cultura proletaria. Ma che c'entra qui il "carattere di classe" della lingua? Non sanno forse questi compagni che la lingua nazionale è una forma della cultura nazionale, che la lingua nazionale può servire sia la cultura borghese che quella socialista? Non conoscono dunque i nostri compagni la nota formula dei marxisti che le attuali culture russa, ucraina, bielorussa, ecc. sono socialiste nel contenuto e nazionali nella forma, ossia nella lingua? Sono essi d'accordo con questa formula marxista?
Qui l'errore dei nostri compagni sta nel fatto che essi non vedono la differenza tra cultura e lingua, non comprendono che la cultura muta di contenuto ad ogni nuovo periodo di sviluppo della società, mentre la lingua rimane fondamentalmente la stessa lingua per la durata di alcuni periodi, servendo la nuova come la vecchia cultura.
Pertanto:

1. la lingua come mezzo di comunicazione è sempre stata e rimane unica per una società e comune a tutti i suoi membri;
2. l'esistenza di dialetti e di gerghi non nega ma conferma l'esistenza di una lingua comune a tutto il popolo, della quale essi sono le ramificazioni e alla quale sono subordinati;
3. la formula del "carattere di classe" della lingua è una formula errata e non marxista.
 
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Manfr
view post Posted on 2/8/2010, 20:52




Qualunque linguista potrebbe dirti che i dialetti NON nascono dalla lingua nazionale, ma è la lingua nazionale che nasce da un dialetto :D

Senza contare che esistono dialetti con strutture grammaticali proprie e peculiari, di gran lunga antecedenti alle lingue nazionali (basti pensare al veneto o al piemontese, vedi te se un contadino delle Basse Langhe dell'800 riusciva a capire un erudito fiorentino...)

Penso che la gran parte dei comunisti di questo paese sia stata e tuttora sia di estrazione piccoloborghese. Considerato che, aridaje, non sono nemmeno comunista non mi pare un crimine essere di estrazione sociale piccoloborghese. Non credo sia un prerequisito avere un background 100% operaio metalmeccanico, eh :D (che se proprio vogliamo essere stringenti era comunque l'estrazione familiare dei miei, pre anni '80).
 
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KevinBeijing
view post Posted on 2/8/2010, 21:33




CITAZIONE (Manfr @ 2/8/2010, 21:52)
Qualunque linguista potrebbe dirti che i dialetti NON nascono dalla lingua nazionale, ma è la lingua nazionale che nasce da un dialetto :D

Senza contare che esistono dialetti con strutture grammaticali proprie e peculiari, di gran lunga antecedenti alle lingue nazionali (basti pensare al veneto o al piemontese, vedi te se un contadino delle Basse Langhe dell'800 riusciva a capire un erudito fiorentino...)

I dialetti non sono monopolio di una classe, sono una particolare variante linguistica di una nazione in una certa area geografica. Dunque, nel feudalesimo, erano usati anche dai nobili. Il fatto che si dileggiassero a parlare latino non cambia questo quadro, perchè era un loro vezzo il parlare latino, non la loro natura. E questo te lo potrebbe dire qualsiasi linguista.

La lingua nazionale nasce da un particolare dialetto (di solito quello parlato in una città importante), ma essendo tutti i dialetti di una nazione generalmente uguali o molto simili nella struttura grammaticale e lessicale, non c'è una contraddizione enorme tra il dialetto di una data regione e la lingua nazionale.

La frammentazione politica della nazione italiana, come del resto di altre nazioni in Europa e nel mondo, ha fatto sì che alcuni dialetti si sviluppassero fino a diventare delle semi-lingue, ma in ogni caso questa situazione, praticamente ereditata dal feudalesimo, è stata superata da almeno un secolo con la nascita e lo sviluppo di moltissimi stati nazionali.
Il dialetto sta scomparendo in Italia, come del resto negli stati nazionali (almeno quelli imperialistici o indipendenti), è stato sostituito dalla lingua nazionale, molto più utile ai fini dello sviluppo delle forze produttive nel capitalismo.

La tua affermazione può essere corretta in "esistevano dialetti con strutture proprie e peculiari". Adesso tali dialetti risultano o scomparsi nella stragrande maggioranza dei casi, o annacquati a tal punto dalla lingua nazionale che si distinguono molto poco da essa.
CITAZIONE
Penso che la gran parte dei comunisti di questo paese sia stata e tuttora sia di estrazione piccoloborghese. Considerato che, aridaje, non sono nemmeno comunista non mi pare un crimine essere di estrazione sociale piccoloborghese. Non credo sia un prerequisito avere un background 100% operaio metalmeccanico, eh :D (che se proprio vogliamo essere stringenti era comunque l'estrazione familiare dei miei, pre anni '80).

Essere di estrazione piccolo-borghese non significa necessariamente diventare sempre e comunque piccolo-borghesi. Come già citato in precedenza Marx ed Engels erano figli di famiglie benestanti, eppure furono loro a sommare tutte le esperienze del proletariato e a elaborare per la prima volta un corpo teorico scientifico e completo.
La mia critica era infatti non alla tua estrazione sociale, ma alla tua concezione del mondo (visioni piccolo-borghesi) che ti schiera dalla parte della borghesia imperialistica.

Che non sei comunista, che rinneghi il marxismo e il leninismo, IO l'ho capito benissimo già da un pò di tempo, non c'è bisogno che me lo ripeti. Solo, per onestà intellettuale, dovresti precisarlo anche quando parli con altre persone o compagni. Anzi, fai così: scrivitelo a caratteri cubitali nella firma, per incominciare, così tutti capiranno di che pasta sei fatto. Se questo non è un crimine, se sei veramente sincero e se non ti crea alcun problema, perchè non lo fai? Sarebbe un gesto di cortesia intellettuale a tutti quelli che leggono i tuoi post nel forum.
 
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Manfr
view post Posted on 2/8/2010, 21:43




perchè tu qui sei l'unico che fa finta di non sapere che io sono un votante del PSI, cosa nota e rinota e che ti ho già detto :D
 
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perno
view post Posted on 2/8/2010, 21:55




Ancora 2 post di Kevin ed anch'io passerò in forza al PSI o a Socialismo 2000, devo ancora decidere.
 
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KevinBeijing
view post Posted on 2/8/2010, 22:04




CITAZIONE (Manfr @ 2/8/2010, 22:43)
perchè tu qui sei l'unico che fa finta di non sapere che io sono un votante del PSI, cosa nota e rinota e che ti ho già detto :D

Infatti, essendo al di fuori della vostra (ristretta) cerchia di utenti abituali di lunga data, non ti conoscevo e la prima impressione che mi hai dato è stata quella di un compagno convinto nel marxismo e nel comunismo.
E, dato che i visitatori occasionali di questo forum superano di gran lunga gli utenti abituali, sarebbe bene metterlo in evidenza con una certa frequenza, dal momento che credo i primi abbiano la mia stessa impressione. E comunque a te cosa cambia? Sembra quasi che ne vai fiero. :)

Dico tutto ciò pensando che tu sia dalla parte della sincerità, lealtà e coerenza, ovviamente.
CITAZIONE
Ancora 2 post di Kevin ed anch'io passerò in forza al PSI o a Socialismo 2000, devo ancora decidere.

Così però mi sento troppo potente. :B):
 
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LokiTorino
view post Posted on 2/8/2010, 22:06




CITAZIONE (KevinBeijing @ 2/8/2010, 22:33)
CITAZIONE (Manfr @ 2/8/2010, 21:52)
Qualunque linguista potrebbe dirti che i dialetti NON nascono dalla lingua nazionale, ma è la lingua nazionale che nasce da un dialetto :D

Senza contare che esistono dialetti con strutture grammaticali proprie e peculiari, di gran lunga antecedenti alle lingue nazionali (basti pensare al veneto o al piemontese, vedi te se un contadino delle Basse Langhe dell'800 riusciva a capire un erudito fiorentino...)

I dialetti non sono monopolio di una classe, sono una particolare variante linguistica di una nazione in una certa area geografica. Dunque, nel feudalesimo, erano usati anche dai nobili. Il fatto che si dileggiassero a parlare latino non cambia questo quadro, perchè era un loro vezzo il parlare latino, non la loro natura. E questo te lo potrebbe dire qualsiasi linguista.

La lingua nazionale nasce da un particolare dialetto (di solito quello parlato in una città importante), ma essendo tutti i dialetti di una nazione generalmente uguali o molto simili nella struttura grammaticale e lessicale, non c'è una contraddizione enorme tra il dialetto di una data regione e la lingua nazionale.

La frammentazione politica della nazione italiana, come del resto di altre nazioni in Europa e nel mondo, ha fatto sì che alcuni dialetti si sviluppassero fino a diventare delle semi-lingue, ma in ogni caso questa situazione, praticamente ereditata dal feudalesimo, è stata superata da almeno un secolo con la nascita e lo sviluppo di moltissimi stati nazionali.
Il dialetto sta scomparendo in Italia, come del resto negli stati nazionali (almeno quelli imperialistici o indipendenti), è stato sostituito dalla lingua nazionale, molto più utile ai fini dello sviluppo delle forze produttive nel capitalismo.

La tua affermazione può essere corretta in "esistevano dialetti con strutture proprie e peculiari". Adesso tali dialetti risultano o scomparsi nella stragrande maggioranza dei casi, o annacquati a tal punto dalla lingua nazionale che si distinguono molto poco da essa.
CITAZIONE
Penso che la gran parte dei comunisti di questo paese sia stata e tuttora sia di estrazione piccoloborghese. Considerato che, aridaje, non sono nemmeno comunista non mi pare un crimine essere di estrazione sociale piccoloborghese. Non credo sia un prerequisito avere un background 100% operaio metalmeccanico, eh :D (che se proprio vogliamo essere stringenti era comunque l'estrazione familiare dei miei, pre anni '80).

Essere di estrazione piccolo-borghese non significa necessariamente diventare sempre e comunque piccolo-borghesi. Come già citato in precedenza Marx ed Engels erano figli di famiglie benestanti, eppure furono loro a sommare tutte le esperienze del proletariato e a elaborare per la prima volta un corpo teorico scientifico e completo.
La mia critica era infatti non alla tua estrazione sociale, ma alla tua concezione del mondo (visioni piccolo-borghesi) che ti schiera dalla parte della borghesia imperialistica.

Che non sei comunista, che rinneghi il marxismo e il leninismo, IO l'ho capito benissimo già da un pò di tempo, non c'è bisogno che me lo ripeti. Solo, per onestà intellettuale, dovresti precisarlo anche quando parli con altre persone o compagni. Anzi, fai così: scrivitelo a caratteri cubitali nella firma, per incominciare, così tutti capiranno di che pasta sei fatto. Se questo non è un crimine, se sei veramente sincero e se non ti crea alcun problema, perchè non lo fai? Sarebbe un gesto di cortesia intellettuale a tutti quelli che leggono i tuoi post nel forum.

siamo alle parole in libertà più totali.

Altro che censura, per le cazzate che spari e che non vengono cancellate e tu preso a frustate al tempio, questa moderazione è da me considerata anarchica e libertaria (oltre che piccolo borghese chiaramente).
 
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KevinBeijing
view post Posted on 2/8/2010, 22:25




CITAZIONE (LokiTorino @ 2/8/2010, 23:06)
CITAZIONE (KevinBeijing @ 2/8/2010, 22:33)
CITAZIONE (Manfr @ 2/8/2010, 21:52)
Qualunque linguista potrebbe dirti che i dialetti NON nascono dalla lingua nazionale, ma è la lingua nazionale che nasce da un dialetto :D

Senza contare che esistono dialetti con strutture grammaticali proprie e peculiari, di gran lunga antecedenti alle lingue nazionali (basti pensare al veneto o al piemontese, vedi te se un contadino delle Basse Langhe dell'800 riusciva a capire un erudito fiorentino...)

I dialetti non sono monopolio di una classe, sono una particolare variante linguistica di una nazione in una certa area geografica. Dunque, nel feudalesimo, erano usati anche dai nobili. Il fatto che si dileggiassero a parlare latino non cambia questo quadro, perchè era un loro vezzo il parlare latino, non la loro natura. E questo te lo potrebbe dire qualsiasi linguista.

La lingua nazionale nasce da un particolare dialetto (di solito quello parlato in una città importante), ma essendo tutti i dialetti di una nazione generalmente uguali o molto simili nella struttura grammaticale e lessicale, non c'è una contraddizione enorme tra il dialetto di una data regione e la lingua nazionale.

La frammentazione politica della nazione italiana, come del resto di altre nazioni in Europa e nel mondo, ha fatto sì che alcuni dialetti si sviluppassero fino a diventare delle semi-lingue, ma in ogni caso questa situazione, praticamente ereditata dal feudalesimo, è stata superata da almeno un secolo con la nascita e lo sviluppo di moltissimi stati nazionali.
Il dialetto sta scomparendo in Italia, come del resto negli stati nazionali (almeno quelli imperialistici o indipendenti), è stato sostituito dalla lingua nazionale, molto più utile ai fini dello sviluppo delle forze produttive nel capitalismo.

La tua affermazione può essere corretta in "esistevano dialetti con strutture proprie e peculiari". Adesso tali dialetti risultano o scomparsi nella stragrande maggioranza dei casi, o annacquati a tal punto dalla lingua nazionale che si distinguono molto poco da essa.
CITAZIONE
Penso che la gran parte dei comunisti di questo paese sia stata e tuttora sia di estrazione piccoloborghese. Considerato che, aridaje, non sono nemmeno comunista non mi pare un crimine essere di estrazione sociale piccoloborghese. Non credo sia un prerequisito avere un background 100% operaio metalmeccanico, eh :D (che se proprio vogliamo essere stringenti era comunque l'estrazione familiare dei miei, pre anni '80).

Essere di estrazione piccolo-borghese non significa necessariamente diventare sempre e comunque piccolo-borghesi. Come già citato in precedenza Marx ed Engels erano figli di famiglie benestanti, eppure furono loro a sommare tutte le esperienze del proletariato e a elaborare per la prima volta un corpo teorico scientifico e completo.
La mia critica era infatti non alla tua estrazione sociale, ma alla tua concezione del mondo (visioni piccolo-borghesi) che ti schiera dalla parte della borghesia imperialistica.

Che non sei comunista, che rinneghi il marxismo e il leninismo, IO l'ho capito benissimo già da un pò di tempo, non c'è bisogno che me lo ripeti. Solo, per onestà intellettuale, dovresti precisarlo anche quando parli con altre persone o compagni. Anzi, fai così: scrivitelo a caratteri cubitali nella firma, per incominciare, così tutti capiranno di che pasta sei fatto. Se questo non è un crimine, se sei veramente sincero e se non ti crea alcun problema, perchè non lo fai? Sarebbe un gesto di cortesia intellettuale a tutti quelli che leggono i tuoi post nel forum.

siamo alle parole in libertà più totali.

Altro che censura, per le cazzate che spari e che non vengono cancellate e tu preso a frustate al tempio, questa moderazione è da me considerata anarchica e libertaria (oltre che piccolo borghese chiaramente).

Ahahahahahahah sto morendo :lol: :lol:

Percepite anche voi la frustrazione di quest'uomo dovuta all'impotenza di cancellare i miei commenti? :D

Senti Loki, ti do' un consiglio da compagno e se vogliamo da amico. Alla tua età (il doppio della mia), dovresti capire che non puoi contrastare le opinioni e i pensieri altrui semplicemente cancellando/bannando/insultando a manetta/invitando a incontrarsi per prendersi a legnate. Questo al massimo lo posso fare io che sono gggiovane e pazzo.

Una persona matura, non necessariamente comunista, ma almeno dotata di spirito critico e di ricerca, saprebbe controbattere con argomentazioni serie, o in assenza di esse a prendere per buono il punto di vista più convincente, in una discussione. Molti di voi invece sostengono fino alla morte il loro punto di vista, non cambiano idea davanti a niente, neppure alla motivazione più convincente. Esattamente come fino ad oggi ha fatto il famigerato e terribile leviatano di ScintillaRossa. :D

E questi, lo dicevo in Scintilla e lo dico qua, sono concetti basi della discussione e dell'argomentazione, propri non solo ai comunisti ma a qualsiasi persona dotata di consapevolezza scientifica in una discussione.
Cosa che evidentemente qui non c'è, perchè a ogni argomentazione che mette in crisi le vostre sacre credenze vengo spinto alla pubblica gogna e preso a frustate nel tempio, appunto.

Pensa te, un sedicenne che dà lezioni su come discutere ai trentenni. Ma come cazzo state messi?



PS. Occhio, ho detto "cazzo". Non dimenticate di prendermi a frustate nel tempio. :unsure:
 
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LokiTorino
view post Posted on 3/8/2010, 07:28




il fatto che tu abbia sedici anni non ti rende immune dal regolamento del forum.
Lo so che per te tutto ciò che è marxocitazionismo è in-topic, ma nella realtà del forum no. Quindi è normale che, per evitare di finire continuamente off-topic se non in flames, si richiamino gli utenti, si censuri, si sposti i contenuti.

Quello che tu chiami "repressione" (piccolo borghese) è semplice rispetto delle regole che ci siamo auto-forniti e che tu hai sottoscritto il momento che hai iniziato a scrivere qua.

Sulla questione del "controbattere" ti svelo un segreto di Pulcinella: le tue opinioni e argomentazioni sono, come dici tu stesso, da sedicenne.

Capisci che a trenta e fischia anni di argomentazioni da sedicenne ne ho sentite e dibattute per altri sedici anni. Comprendi che di riprendere da capo tutti i discorsi ogni volta inizia a diventare noiosetto.
Come ho scritto sopra: siccome il ragazzo si applica ma ha sempre e comunque sedici anni, lasciamolo sfogare senza rispondere se non dove è in topic, tanto tu stesso le cose che scrivi oggi, già tra due anni ci riderai sopra a rileggerle.
Se questa la chiami "repressione"...sembro papà castoro con te.
 
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KevinBeijing
view post Posted on 3/8/2010, 08:40




Capisci da te che non c'è nessun motivo di cancellare i miei post. 1) io non ho mai insultato nessuno se non quando apertamente provocato, al contrario sono certi pagliacci presuntuosi che iniziano i flame e che non vengono mai toccati 2) sono sempre rimasto in-topic nella maggior parte dei casi (e anzi ho apportato citazioni che diradavano la questione da un punto di vista marxista), l'unica cosa che mi rimprovero è l'eccessivo litigio con Manfr in un'altra discussione.
Per cui capisci da te che mi girano le palle se mi vengono cancellati (cancellati, non spostati in altre discussioni) i post, perchè io ho gli stessi diritti e restrizioni che hanno anche gli altri, di qualunque età essi siano.
Basta, mi sono rotto pur'io di litigare. Rispondete sull'idealismo o sulla lingua.

 
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Manfr
view post Posted on 3/8/2010, 09:34




I dialetti non sono monopolio di una classe, sono una particolare variante linguistica di una nazione in una certa area geografica. Dunque, nel feudalesimo, erano usati anche dai nobili. Il fatto che si dileggiassero a parlare latino non cambia questo quadro, perchè era un loro vezzo il parlare latino, non la loro natura. E questo te lo potrebbe dire qualsiasi linguista.

Parlare latino non era un vezzo, anche perchè non erano i nobili a parlarlo, generalmente i nobili erano poco più eruditi dei porcari. Erano i preti a parlare latino, e il monopolio della lingua colta è stata a lungo una prerogativa gelosamente difesa dai religiosi. Non è un caso se nei Comuni la borghesia nascente imponga ove possibile l'uso del volgare, così come fanno i sovrani che cercano di cementare il proprio potere, da Rotari in poi. Il latino era lo strumento, linguistico, che una classe sociale, il clero, usava con buon successo per mantenere una posizione di privilegio nella società :)
I dialetti sono pre-esistenti alle nazioni, semplicemente perchè lo Stato-Nazione nasce moooooolto dopo. La stessa Francia rimane disunita e in preda all'anarchia feudale fino al 15mo secolo, laddove in Inghilterra si parla i francese dei dominatori normanni fino al medesimo periodo. Le lingue nazionali, poi, sono a loro volta frutto della giustapposizione di lingue di diversi gruppi etnici stanziatisi nel tempo, dai romani, ai protoabitanti, ai germani.


La lingua nazionale nasce da un particolare dialetto (di solito quello parlato in una città importante), ma essendo tutti i dialetti di una nazione generalmente uguali o molto simili nella struttura grammaticale e lessicale, non c'è una contraddizione enorme tra il dialetto di una data regione e la lingua nazionale.

Questo lo puoi dire oggi, ma appunto basta guardare la lingua italiana, o le lingue della penisola iberica, per avere prova del contrario :)

La frammentazione politica della nazione italiana, come del resto di altre nazioni in Europa e nel mondo, ha fatto sì che alcuni dialetti si sviluppassero fino a diventare delle semi-lingue, ma in ogni caso questa situazione, praticamente ereditata dal feudalesimo, è stata superata da almeno un secolo con la nascita e lo sviluppo di moltissimi stati nazionali.
Il dialetto sta scomparendo in Italia, come del resto negli stati nazionali (almeno quelli imperialistici o indipendenti), è stato sostituito dalla lingua nazionale, molto più utile ai fini dello sviluppo delle forze produttive nel capitalismo.

Appunto ! La lingua E' uno strumento di classe, perchè l'imposizione di un comune sostrato linguistico è un prerequisito fondamentale per la costruzione di un funzionale mercato comune. E basti pensare al ruolo oggi assunto negli studi di comunicazione politica proprio dal linguaggio: George Lakoff evidenzia come esistano "lingue di destra" e "lingue di sinistra" alle quali l'elettorato risponde in maniera diversa e che vengono quotidianamente usate per costruire Egemonia :)
 
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stalinlover
view post Posted on 3/8/2010, 09:48




siamo palesemente in OT, e non è la prima volta negli ultimi mesi. D'ora in avanti cancellerò tutti i post che non sono inerenti alle discussioni.

Per chiudere questa parentesi aggiungo solo che qualsiasi linguista di questo pianeta non potrebbe che sorridere alle affermazioni di kevin.
 
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41 replies since 30/7/2010, 10:21   1004 views
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