Il marxismo e la linguistica

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KevinBeijing
view post Posted on 3/8/2010, 11:43




Riprendo qua la discussione iniziata sulla linguistica.
CITAZIONE
Parlare latino non era un vezzo, anche perchè non erano i nobili a parlarlo, generalmente i nobili erano poco più eruditi dei porcari. Erano i preti a parlare latino, e il monopolio della lingua colta è stata a lungo una prerogativa gelosamente difesa dai religiosi. Non è un caso se nei Comuni la borghesia nascente imponga ove possibile l'uso del volgare, così come fanno i sovrani che cercano di cementare il proprio potere, da Rotari in poi. Il latino era lo strumento, linguistico, che una classe sociale, il clero, usava con buon successo per mantenere una posizione di privilegio nella società :)

Non credo che sia esposto chiaramente il concetto.
Il clero non manteneva di certo il potere nella società perchè parlava in un modo o in un altro, ma lo manteneva perchè si imponeva culturalmente sulle masse di contadini ignoranti.
La cultura era monopolio dei nobili e del clero nel medioevo. Questo monopolio era cementato dall'utilizzo di una lingua diversa da quella del popolo, d'accordo, ma senza il dominio culturale, che effettivamente era detenuto dal clero e dai nobili, non sarebbe stata possibile nessuna "cementificazione", e di certo non aveva importanza primaria la lingua a instaurare questo dominio, ma piuttosto l'accesso all'istruzione (in cui si integrava lo stesso latino), riservato a pochissime persone.
Il latino inoltre contribuiva a creare e solidificare tutti i rituali mistici del cristianesimo.
Insomma i preti nel medioevo mantenevano una posizione privilegiata non per la lingua, o almeno non principalmente, ma per il loro dominio assoluto della cultura in tutti i campi del sapere.

Nel medioevo in uno stesso territorio non esistevano lingue diverse per ogni classe. Di fatto la lingua del popolo era la lingua vigente. Se un ecclesiastico o un nobile (considerando che questa distinzione è molto poco netta nel medioevo) doveva interagire con i popolani, dirgli cosa fare, ecc. ecc. secondo te come faceva?
Chiamava un interprete e gli faceva tradurre? Chiaramente no, parlava in volgare.

Comunque dire che era uno strumento di classe (che rientra in ogni caso nel dominio culturale, e su cui posso essere d'accordo) è diverso da dire che era una caratteristica intrinseca di una classe, che poi è quello che contesta Stalin.
In ogni territorio, in una società divisa in classi, non è concepibile che esistano lingue diverse per le diverse classi, altrimenti, come dice Stalin, sarebbe assurdo parlare di società.
CITAZIONE
I dialetti sono pre-esistenti alle nazioni, semplicemente perchè lo Stato-Nazione nasce moooooolto dopo. La stessa Francia rimane disunita e in preda all'anarchia feudale fino al 15mo secolo, laddove in Inghilterra si parla i francese dei dominatori normanni fino al medesimo periodo. Le lingue nazionali, poi, sono a loro volta frutto della giustapposizione di lingue di diversi gruppi etnici stanziatisi nel tempo, dai romani, ai protoabitanti, ai germani.

Sono d'accordo, niente da aggiungere.
Mi hai confuso perchè hai ripreso l'espressione di Stalin (che ha messo pure tra parentesi), che si riferiva ai gerghi parlati dalle diverse classi sociali nel capitalismo, e l'hai fraintesa con l'espressione propria del dialetto.
CITAZIONE
Questo lo puoi dire oggi, ma appunto basta guardare la lingua italiana, o le lingue della penisola iberica, per avere prova del contrario

Ovviamente la convergenza dei dialetti si ha nel quadro della formazione della comunità nazionale, non l'ho mai negato!
Ma qui si tratta sempre di dialetto "territoriale", non nel senso che a noi interessa.
CITAZIONE
Appunto ! La lingua E' uno strumento di classe, perchè l'imposizione di un comune sostrato linguistico è un prerequisito fondamentale per la costruzione di un funzionale mercato comune. E basti pensare al ruolo oggi assunto negli studi di comunicazione politica proprio dal linguaggio: George Lakoff evidenzia come esistano "lingue di destra" e "lingue di sinistra" alle quali l'elettorato risponde in maniera diversa e che vengono quotidianamente usate per costruire Egemonia :)

No, i particolari gerghi della borghesia e del proletariato non sono due lingue diverse. Sono appunto gerghi che si distinguono solo per determinate parole o espressioni, che servono a esprimere i concetti dell'una e dell'altra classe. Ora ti riporto di nuovo il passo di Stalin, e questa volta ti evidenzio le parti più importanti. NB: qua Stalin parla del capitalismo, come precisa poco più sopra.

Si è detto sopra che la lingua, come mezzo di comunicazione tra gli uomini nella società, serve egualmente tutte le classi della società e per questo mostra una specie di indifferenza rispetto alle classi. Ma gli uomini, i singoli gruppi sociali, le classi sono lungi dall'essere indifferenti alla lingua. Essi si sforzano di utilizzare la lingua nei propri interessi, di imporle il proprio lessico particolare, i propri termini, le proprie espressioni particolari. Si distinguono in questo specialmente gli strati superiori delle classi abbienti, che sono separati dal popolo e lo detestano: l'aristocrazia nobiliare e l'alta borghesia. Si formano così i dialetti "di classe", i gerghi, le "lingue" da salotto. Nella letteratura non di rado questi dialetti e gerghi vengono non giustamente qualificati come lingue: "lingua nobiliare", "lingua borghese", contrapponendoli alla "lingua proletaria", alla "lingua contadina". Per questo motivo, per quanto possa sembrare strano, taluni dei nostri compagni sono giunti alla conclusione che la lingua nazionale sia una finzione e che in realtà esistano solo lingue di classe.
Credo non vi sia nulla di più errato di questa conclusione. Possono questi dialetti e gerghi essere considerati lingue? Certamente no. Non lo possono, innanzi tutto, perché questi dialetti e gerghi non hanno una loro struttura grammaticale e un patrimonio lessicale fondamentale: essi li prendono dalla lingua nazionale. Non lo possono, in secondo luogo, perché questi dialetti e gerghi hanno una sfera di applicazione ristretta ai membri dello strato più elevato di una determinata classe e sono del tutto inadatti come mezzo di comunicazione per gli uomini, per la società nel suo complesso. Che cosa vi è allora in essi? Vi è una raccolta di parole specifiche, che riflettono i gusti particolari dell'aristocrazia o dell'alta borghesia; vi è un certo numero di espressioni e di frasi che si distinguono per la ricercatezza e la preziosità, e sono privi delle espressioni e costruzioni "grossolane" della lingua nazionale; vi è, infine, un certo numero di parole straniere. Ma tutto l'essenziale, cioè la grandissima maggioranza delle parole e del sistema grammaticale, è preso dalla lingua comune, nazionale.
I dialetti e i gerghi sono pertanto ramificazioni della comune lingua nazionale, non possiedono una indipendenza linguistica di qualsiasi genere e sono destinati alla stagnazione. Chiunque creda che i dialetti e i gerghi possano svilupparsi come lingua indipendente, che essi siano capaci di eliminare e soppiantare la lingua nazionale, ha perso ogni senso della prospettiva storica e abbandonato la posizione marxista.

SPOILER (click to view)
CITAZIONE
Per chiudere questa parentesi aggiungo solo che qualsiasi linguista di questo pianeta non potrebbe che sorridere alle affermazioni di kevin.

Qualsiasi comunista, a cominciare da quelli cinesi, non potrebbe che sorridere vedendo certe idee antimarxiste propinate su questo forum.
 
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Manfr
view post Posted on 3/8/2010, 12:21




Ma è chiaro che non esistono una lingua nobile e una lingua plebea come lingue distinte, bensì come derivazioni della lingua in uso: ma la lingua non è comunque uno strumento neutro.

Se è assurdo pensare alla creazione di una lingua proletaria, come volevano certi futuristi alienati :D, è però altrettanto importante sapere che l'egemonia si costruisce anche attraverso l'uso sapiente del linguaggio, tantopiù in una società fortemente mediatizzata come questa. Insomma, il linguaggio è qualcosa di più di un "mezzo di produzione": il suo uso riflette direttamente una posizione "di classe".
Quello che evidenzi, il monopolio della cultura, sarebbe stato impossibile senza l'uso di una lingua oscura ai più coadiuvato all'assenza di strumenti per la riproduzione di massa dei documenti. Non credo sia un caso che la grande battaglia di Lutero sia stata la traduzione in volgare del testo sacro e il suo libero esame da parte delle congregazioni, che infrangeva il monopolio ecclesiastico sulla religione e, in quell'epoca, de facto anche sull'educazione. E non è un caso se i principi della Germania, e poi dell'Inghilterra, dell'epoca colsero l'occasione: ai vari Libri di Preghiera si affiancava l'esproprio dei beni del clero e la sua riduzione di status in maniera determinante ! :)
 
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KevinBeijing
view post Posted on 3/8/2010, 13:28




CITAZIONE (Manfr @ 3/8/2010, 13:21)
Ma è chiaro che non esistono una lingua nobile e una lingua plebea come lingue distinte, bensì come derivazioni della lingua in uso: ma la lingua non è comunque uno strumento neutro.

Se è assurdo pensare alla creazione di una lingua proletaria, come volevano certi futuristi alienati :D, è però altrettanto importante sapere che l'egemonia si costruisce anche attraverso l'uso sapiente del linguaggio, tantopiù in una società fortemente mediatizzata come questa. Insomma, il linguaggio è qualcosa di più di un "mezzo di produzione": il suo uso riflette direttamente una posizione "di classe".
Quello che evidenzi, il monopolio della cultura, sarebbe stato impossibile senza l'uso di una lingua oscura ai più coadiuvato all'assenza di strumenti per la riproduzione di massa dei documenti. Non credo sia un caso che la grande battaglia di Lutero sia stata la traduzione in volgare del testo sacro e il suo libero esame da parte delle congregazioni, che infrangeva il monopolio ecclesiastico sulla religione e, in quell'epoca, de facto anche sull'educazione. E non è un caso se i principi della Germania, e poi dell'Inghilterra, dell'epoca colsero l'occasione: ai vari Libri di Preghiera si affiancava l'esproprio dei beni del clero e la sua riduzione di status in maniera determinante ! :)

Ovviamente, come l'uso delle fabbriche/mezzi di produzione nel socialismo e nel capitalismo ha forme diverse, anche l'uso della lingua, nel costruire l'egemonia culturale, assume forme diverse, ossia i gerghi, e varia a seconda della classe che la utilizza.
Ma in generale la lingua, essendo sorta assieme alla società e quindi alla produzione sociale, è essenzialmente un mezzo.

Penso che già l'assenza di mezzi di produzione in grado di assicurare la diffusione di massa del sapere sia più che sufficiente nel mantenere il monopolio della cultura. La lingua latina era utilizzata nei trattati e nei luoghi colti per tradizione/consuetudine più che altro, non per mantenere il monopolio della cultura (non è necessaria una lingua diversa per mantenere le masse nell'ignoranza, come dimostra anche la storia del capitalismo), infatti la lingua latina medioevale veniva contaminata non poco dalle influenze della lingua popolare.
 
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2 replies since 3/8/2010, 11:43   192 views
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