Nobel per la pace: "Un elefante nella cristalleria"

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Mazurov
view post Posted on 11/10/2010, 00:29




domenica 10 ottobre 2010

Nobel per la pace: "Un elefante nella cristalleria"

Mi spiace osservare che nella gestione del conflitti, ad Oslo abbiano preferito ancora una volta il "metodo occidentale", un approccio che già troppe volte ha dimostrato i propri limiti, tanto che invece di risolverli, i problemi spesso ha finito per ingigantirli, radicalizzarli e cristallizzarli (Corea, Iraq, Afghanistan, Medio Oriente ...)

Premesso che la questione dei diritti umani in Cina e in ogni parte del mondo esiste, appare però altrettanto evidente che se le intenzioni del comitato erano quelle di diffondere un messaggio positivo ed universale di indubbio valore, in questo caso invece di potenziarlo, rischiano di screditarlo.

Per prima cosa perchè arriva nel momento sbagliato, visto che siamo nella fase più critica nel contrasto Est - Ovest legato agli equilibri economico - finanziari, in quella che non si esita più a definire "guerra delle valute" che potrebbe avere effetti nefasti sugli equilibri mondiali, se non trova un corretto bilanciamento. Dopo il premio di oggi, appare prevedibile che ora la Cina possa irrigidire le proprie posizioni, rendendo tutto più complesso.

Secondariamente, perchè segue a stretto giro il Nobel "sulla fiducia" assegnato ad Obama lo scorso anno che oggi finisce per essere il suggello del "buono" mentre quello di quest'anno, sembra più una "patente" del cattivo assegnata alla Cina, oltre ad alimentare il dubbio cinese di qualche relazione tra i due premi.

Terzo, perchè il riconoscimento finisce per dare l'idea sbagliata al mondo, prestandosi ad una evidente strumentalizzazione politica, visto che il premiato finisce ora per essere considerato in occidente a tutti gli effetti quale un possibile nuovo capo-popolo da assecondare nella lotta contro il governo locale cinese, un leader di un movimento quindi, un terribile misunderstanding, che finirà inevitabilmente per mettere in secondo piano le motivazioni e i valori che si vorrebbe rappresentasse.

Per finire, quasi in antitesi alla sua stessa definizione di "Premio della Pace", del resto già ambigua quando l'anno scorso fu assegnato ad un Obama, Generale d'Armata coinvolto in ben 2 conflitti militari, ora rischia di gettare invece le basi per il ritorno ad un antiquato confronto tra blocchi del tutto fuori luogo, una visione che spesso però sembra alimentare le menti occidentali quale metodo "infallibile" per risolvere le questioni internazionali esistenti.

Tra l'altro, nell'assegnare il premio, appare evidente la lacunosa lettura dei fatti cinesi degli ultimi decenni, visto anche il continuo richiamo nelle motivazioni ai fatti dell'89.

Infatti, ho avuto modo di verificare che tutta la storia di quei giorni è dolorosamente nota a tutti, ma il cinese medio intende rimuoverla, come quel dolore infinito della morte di un parente caro.

Tra l'altro, quanto successo, non fu come si vuole far intendere in occidente, la lotta tra chi voleva la libertà e chi no, ma al contrario, come è testimoniato dell'appoggio dato dagli studenti ad una "fazione" all'interno del governo di allora, fu una vera e propria lotta di potere (e di classe), con annesso un tentativo di "colpo di stato", una contrapposizione tra due opposte ambizioni politiche che in quei giorni "sfuggì di mano", in quello che fu un terribile errore umano che la maggior parte dei cinesi intende lasciarsi alle spalle, proprio come tale.

A 30 anni di distanza, la Cina è riuscita nell'impresa di trasformarsi, proprio lasciandosi alle spalle ben di più di quelle giornate e sta ora cercando anche di crescere sul piano dei diritti umani, applicando nei fatti quello che comunque la sua costituzioni prescrive, ma che necessita di tempo affinché diventi, come accaduto anche in occidente, normalità sociale.

Non deve quindi stupire se ora reagisce in questo modo, visto che di fatto, con questo premio agli occhi cinesi, si intendono premiare i protagonisti di allora, più che le intenzioni di oggi, in una presunta continuità storica che in Cina non è la realtà che si crede in occidente, emozioni che da tempo non appartengono più al presente e al futuro del paese.

Strumentalizzarle oggi per cercare di dimostrare al mondo l'assioma che in Cina nulla è cambiato, oltre a sottintendere o meglio quasi pretendere di fatto un cambiamento politico nel paese, finisce per riportare i cinesi a rivivere il "riordino forzoso" subito dagli occidentali a fine '800 con la guerra dei boxer che provocò la perdita della propria indipendenza e autodeterminazione, recuperata solo decenni dopo con la Rivoluzione Maoista.

Vi ricordate come ebbero inizio le guerre dell'oppio?? Beh, furono scatenate al culmine di una disputa commerciale (anche allora) tra Cina e Regno Unito (gli Usa del tempo), dopo che in risposta alla penetrazione commerciale britannica che aveva aperto il mercato cinese all'oppio dall'India britannica, la Cina inasprì i propri divieti sulla droga, atto che scatenò il conflitto che ancora da queste parti ricordano tutti, anche le giovani generazioni.

I cinesi sono in pace e hanno chiesto a chiare lettere, che vorrebbero avere il diritto di perseguire il profondo ed incredibile cambiamento in corso che li ha portati in un poco tempo, dal medio evo al futuro prossimo venturo, seguendo un percorso "naturale", come da loro stessi definito ed apprezzato anche da Berlusconi proprio ieri, "armonioso".

In occidente si sorride a questa parola, ma essa non va tradotta, bensì compresa. Infatti, per armonioso si intende pragmaticamente trovare soluzioni ai problemi e non creare contrapposizioni e frizioni che rischiano di non avere mai fine, visti i numeri in gioco, che possono scatenare effetti inimmaginabili a livello mondiale.
E' un faticoso esercizio quotidiano di composizione, comprensibile analizzando a fondo come la Cina stia percorrendo, a tappe forzate, quello che l'occidente ha realizzato in 2 secoli della propria storia.

Bene, quelli del Nobel oggi sono sembrati "elefanti nella cristalleria", con un atto che (forse) creerà problemi in Cina, come sotto sotto in parecchi nel mondo si auspicano ( lato politico del premio), ma che sicuramente rischia di crearli ben maggiori all'estero, visto che riattiverà il "dialogo tra sordi", avendo di fatto forzato a modificare le agende internazionali dei prossimi incontri, in un momento delicato come quello attuale, dove le emergenze che affliggono il mondo necessitano della convinta cooperazioni di tutte le parti, per trovare rapidamente soluzioni, tutti assieme.

E questo "tutti assieme", sembra essere il vero assente nella motivazione al premio assegnato oggi.

http://yibuyibu.blogspot.com/2010/10/nobel...ante-nella.html
 
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perno
view post Posted on 12/10/2010, 14:39




HA ANCORA SENSO ASSEGNARE I NOBEL?

Sembrerà strano, ma il nostro articolo di commento alle ultime assegnazioni dei Nobel parte dal resoconto di un trascurabile episodio avvenuto oggi su un autobus di Torino. Il fatto in sé vi lascerà ancora più perplessi. Un bimbo sui cinque anni si divertiva a tirare i capelli alla sorellina, di qualche anno più giovane. Manco a dirlo il pianto dirotto ha attirato in pochi istanti l’attenzione della mamma, che di fronte alle scuse poco convinte ha sbottato ironicamente: “guarda, ti daranno il Nobel per la Pace”. Una robetta durata 10 secondi, risoltasi con uno scapaccione e una battuta.

E allora dove sarebbe la rilevanza dell’episodio? Iniziamo col tralasciare che il senso di giustizia delle mamme torinesi è certo diverso da quello degli accademici svedesi, che finora hanno dato prova di schierarsi sempre dalla parte dei più forti. Per il momento non è questo che interessa alla nostra analisi. Piuttosto, ciò che interessa appurare è se le assegnazioni degli ultimi anni abbiano svuotato o meno di significato il Nobel per la Pace, con implicazioni addirittura per l’istituzione stessa del Nobel. Insomma, quel riconoscimento che per la mamma torinese (e per il senso comune) mantiene ancora una valenza largamente positiva, e che vuole essere premiati dal Nobel i migliori, i capaci, i meritevoli.

Per analizzare questo concetto partiamo per semplicità dal Nobel per la Pace 2009, di cui è possibile verificare e passare al vaglio l’operato nel corso di quest’anno. Abbiamo specificato “per semplicità” perché preferiremmo trascurare i Nobel assegnati a Kissinger, a Carter fino al Dalai Lama. Insomma, assegnazioni a persone che non sono esattamente la personificazione dei metodi nonviolenti e pacifici, la cui trattazione però meriterebbe un articolo a parte.

Ma torniamo piuttosto ad Obama, con cui nell’ ultimo anno si sono potute osservare un escalation di crisi geopolitiche. Veri e propri momenti di tensione diplomatica anche piuttosto intensa che esulano dai concetti di “Soft power” e risoluzione delle controversie tramite la diplomazia, concetti propagandati dalla Casa Bianca come “Main Goal”. Le destabilizzazioni operate in Iran, nella penisola di Corea e nelle aree sino-uigure vanno anzi in senso completamente opposto, aprendo scenari da Guerra Fredda vera e propria. In tutti e tre i casi, infatti, gli stati coinvolti dispongono, o sono in procinto di dotarsi, di testate nucleari. E se persino un grande protagonista di quel periodo storico come Fidel Castro mette in guardia da scenari apocalittici e olocausti nucleari forse sarebbe davvero il caso di una riflessione più approfondita.

Contemporaneamente in altre aree proseguono o si rafforzano propositi di sovversione democratica, in totale continuità con l’era Bush jr. Sono le aree dove il “Soft power” si traduce in aiuti finanziari e logistici, in qualche caso militari, alle forze legate alle oligarchie più retrive del pianeta. Haiti, Equador, Honduras, Venezuela, Colombia e Bolivia. La rinuncia ad accettare un mondo multipolare sta ritrasformando tradizionali aree calde in zone effettivamente guerreggiate, con gli Stati uniti a difendere con le unghie e con i denti le vecchie quote di potere detenute fino ad anni recenti.
Tutto ciò mentre anche le aree già di conflitto (Iraq, Afghanistan, Pakistan) non hanno visto una diminuzione né quantitativa né qualitativa, ma tuttalpiù un ridislocamento per motivi strategici.

Anche la tanto sbandierata retorica dei “diritti umani” –che secondo Obama: “dovrebbero essere garantiti ad ognuno”- in realtà ha mostrato tutta la propria ipocrisia. Nell’appoggio al criminale blocco sionista su Gaza, ma anche con la conferma della versione statunitense di quel blocco,contro Cuba. Soprattutto nell’ignorare un ingiustizia di cui si riterrebbe capace solo il più spregevole dei regimi dittatoriali. Il caso dei moderni Sacco e Vanzetti: dei cinque antiterroristi cubani detenuti ingiustamente negli States.

Sicuramente sarà difficile per Liu Xiaobo, premio Nobel 2010, inanellare una così lunga serie di insuccessi. Sarà difficile farlo anche perché si trova in una cella, condannato a farsi 11 anni di carcere per incitamento alla sovversione dello Stato. E magari proprio a questo motivo si deve il motivo della sua scelta. Una scelta sicura, di un uomo che non deve affrontare sfide. Si tratta di una carta difensiva, tramite cui viene rimpallata la necessità di agire al governo cinese: liberarlo o non liberarlo? Chavez non ha dubbi, e si è affrettato ad esprimere solidarietà a Hu Jintao. Liu Xiaobo si presterebbe insomma come utile idiota: le condizioni di isolamento non permetterebbero nemmeno passi falsi, le dichiarazioni non sarebbero verificabili (Do you remember Sakineh?). L’uomo perfetto per far dimenticare la delusione Obama. Delusione talmente clamorosa da essere avvertita persino da chi non si interessa correntemente di politica estera.

Ma che importa, il Nobel viene assegnato tutti gli anni, a quanto pare secondo le esigenze del dipartimento di stato USA. Prima un bel premio per la Pace al presidente neoeletto, per consacrare la favola dello Zio Tom che salverà l’America e il Mondo, l’anno successivo un bel premio anche a chi potrebbe essere un problema per i miei nemici. Ad un candidato al Nobel arrivato al momento opportuno, proprio mentre il colosso asiatico minaccia l’egemonia dell’imperialismo statunitense. Premiato proprio mentre il segretario al tesoro americano “suggeriva” la rivalutazione dello Yuan come misura anticrisi e magari non aveva la più misera idea di come diavolo fare pressioni aggiuntive.

D’altra parte anche il Nobel per la Letteratura, assegnato a Vargas Llosa, è stato da più parti accusato di essere un atto politico piuttosto che una decisione di carattere artistico. Sia chiaro, non perché a tale scrittore manchino i requisiti in campo letterario. Piuttosto perché la stampa internazionale offre pari risalto alle sue opinioni su Cuba e Venezuela e ai suoi scritti. Perché fra gli scrittori latinoamericani noti è sicuramente il più liberista, con tanto di passato nella sinistra che consente di criticare a ragion veduta. Siamo davvero arrivati al punto in cui uno scrittore possa venire prescelto in ragione alla sua utilità politica? La nostra risposta è contenuta nel commento a caldo dello stesso Vargas Llosa, appena dopo la vittoria:

“Spero che me lo abbiano dato per le mie opere letterarie e non per le mie opinioni politiche”

Se persino un “Nobel” se lo chiede, almeno non siamo gli unici a pensar male…

Carlo Lingera – GC Torino 2.0



 
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Nick 81
view post Posted on 7/12/2010, 11:03




Cina e altri 18 Stati salteranno cerimonia Nobel per Liu

OSLO (Reuters) - La Cina e altri 18 Paesi hanno declinato l'invito a partecipare alla cerimonia di consegna del Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, come ha detto oggi il comitato norvegese per il Nobel.

I Paesi sono: Russia, Kazakistan, Colombia, Tunisia, Arabia Saudita, Pakistan, Serbia, Iraq, Iran, Vietnam, Afghanistan, Venezuela, Filippine, Egitto, Sudan, Ucraina, Cuba e Marocco.

http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE6B602J20101207


...manca solo la Corea del Nord poi l'asse del male è al completo, ma immagino solamente per il fatto che non sia stata neanche invitata
 
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rikycccp
view post Posted on 7/12/2010, 15:19




L'asse del bene come direbbe Fulvio...
 
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3 replies since 11/10/2010, 00:29   138 views
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