La transizione globale, Alessandro Colombo

« Older   Newer »
  Share  
Smersh
view post Posted on 27/12/2010, 11:01




La transizione globale
Alessandro Colombo(*)

Il decennio che si sta per chiudere ha assistito al progressivo sgretolamento dell’illusione di continuità che politici, commentatori e studiosi avevano proiettato sulla fine del sistema bipolare e, con essa, dell’intero Novecento: continuità nella distribuzione internazionale del potere, grazie
all’inattaccabile e confortevole superiorità degli Stati Uniti e dei loro alleati europei; continuità nei principi e nei valori di fondo della convivenza interna e internazionale, celebrati nella religione civile della “transizione al mercato e alla democrazia”; continuità nell’architettura istituzionale della comunità internazionale, grazie alla persistenza e al rilancio delle organizzazioni costituite a partire dalla metà del Novecento tanto su scala globale (Nazioni Unite, Fondo monetario internazionale, Banca mondiale, G8 ecc.) quanto su scala regionale (con l’Unione europea a fare da termine di paragone per tutte le altre); continuità, infine, nelle dimensioni globali delle relazioni internazionali, sotto la spinta apparentemente irreversibile della globalizzazione economica e finanziaria e dei nuovi strumenti di comunicazione. Come a tanti grandi dopoguerra del passato, in realtà, anche al dopoguerra fredda sono bastati pochi anni per scoprire che nessun nuovo ordine internazionale può essere edificato sulle fondamenta e con i residui del precedente. La coalizione delle potenze vincitrici guidata dagli Stati Uniti non è riuscita a trovare una posizione comune su questioni capitali quali il rapporto con la Russia, il conflitto israelo-palestinese o la questione ambientale, mentre ha dissipato le proprie risorse politiche e militari nella fantasmagoria della “guerra globale al terrore”, fino a impantanarsi nelle due guerre fallimentari in Iraq e in Afghanistan. Mercato e democrazia, dopo la grande ondata di espansione degli anni Novanta, sono parzialmente rifluiti su scala globale, non hanno attecchito nei paesi (come l’Iraq) e nelle aree regionali (come il Grande Medio Oriente) nelle quali si è cercato di imporli con la forza (in un esperimento di ingegneria sociale costato decine di migliaia di morti – ma l’ingegneria sociale, si sa, non ha tempo di preoccuparsi di queste inezie) – e, soprattutto, hanno mostrato crescenti problemi di effettività e legittimità persino nelle aree di maggiore consolidamento. Le istituzioni internazionali si sono fatte trovare in ritardo nella prevenzione e nella gestione di tutte le principali crisi politiche ed economiche del decennio, mentre persino le più sviluppate tra loro, come l’Unione europea, hanno patito una crisi di coesione e credibilità lontanissima dalla retorica trionfalistica dei primi anni Novanta. La stessa globalizzazione, infine, si è scontrata dapprima con la divaricazione delle dinamiche diplomatiche e strategiche delle diverse aree regionali, e poi con l’impatto della crisi economica e finanziaria sul commercio internazionale e sulla domanda globale Quello che ci aspetta nel prossimo decennio, pertanto, è l’avvio di una transizione ben più radicale di quella che aveva in mente chi si immaginava il Ventunesimo secolo come una pura e semplice estensione su scala globale dell’esito politico ed economico del Ventesimo. Tutti i tasselli dell’ordine internazionale saranno rimessi in gioco: il rapporto tra dinamiche globali e dinamiche regionali e, con esso, la combinazione tra un unico ordine mondiale a guida americana e una pluralità di ordini regionali stretti attorno alle grandi potenze emergenti; la gerarchia del potere e del prestigio internazionale, tanto a livello globale quanto, soprattutto, all’interno delle diverse regioni (dove è presumibile che si sposteranno il baricentro della competizione e il rischio della guerra); l’architettura istituzionale della convivenza internazionale, che non potrà riassestarsi senza passare da
una riforma radicale delle istituzioni esistenti, ma si troverà a farlo proprio nel momento meno propizio in cui alcuni attori saranno ossessionati dal timore di perdere posizioni e altri dall’obiettivo di guadagnarne.

http://www.ispionline.it/it/documents/Comm..._23.12.2010.pdf
 
Top
0 replies since 27/12/2010, 11:01   44 views
  Share