Il caso Battisti

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Mazurov
view post Posted on 31/12/2010, 13:04




Il PD e Lula

Fa letteralmente gridare di stupore l’appellarsi del Partito Democratico a Luiz Inácio da Silva. Indimenticabile (Lula non l’ha dimenticato sicuramente) è il Massimo d’Alema che, pochi mesi prima dell’elezione a presidente del dirigente del partito dei lavoratori (PT), scelleratamente ripeteva che “il nostro referente in Brasile è Fernando Henrique Cardoso”. Era convinto D’Alema che Cardoso non fosse l’ultimo presidente neoliberale e che Lula e il PT fossero solo una minoranza vetero-sinistrese che mai e poi mai avrebbe potuto vincere le elezioni in un mondo che andava altrove.

Non solo le previsioni di D’Alema dimostravano la totale ignoranza di questo di America latina ma, in questi otto anni, Lula, e il suo governo, hanno rappresentato un sassolino nella scarpa del cammino del PD oltre e fuori la sinistra. Mentre i D’Alema, i Veltroni, i Rutelli erano convinti che non fosse possibile pensare, dire e fare “cose di sinistra”, per dirla alla Nanni Moretti, gli otto anni di Lula hanno dimostrato esattamente l’opposto: che anche in un contesto liberaldemocratico è possibile concepire idee di sinistra e metterle in pratica.

Così corre un brivido nella schiena a leggere che Piero Fassino, politico favorevole ai respingimenti dei migranti voluto da Calderoli e Gentilini e che hanno messo l’Italia sotto accusa in tutto il mondo civile per flagrante violazione del diritto internazionale, abbandonando solo parzialmente il linguaggio e le gabbie mentali italo-italiane di questi anni, firmi una dichiarazione che ha come incipit: “ci rivolgiamo a Lula, uomo di sinistra”. Erano anni che Fassino non pronunciava la parola “sinistra”. Perché mai si rivolgerà a me in quanto “uomo di sinistra”, deve essersi domandato Lula se qualche funzionario troppo solerte gli ha passato anche quelle inutili righe propinate in queste ore agli italiani in ogni pastone politico a cercare di dimostrare che il PD esiste ancora.

Per il PD, in questi anni, Lula e gli altri governi integrazionisti latinoamericani hanno rappresentato un problema da rimuovere, una seccatura, un’eccezione che conferma la regola della “fine della storia” per la quale non è il berlusconismo ma l’intera cultura politica italiana ad essere arretrata. Lo dimostra il fatto che in questi anni, a livello internazionale, i cuori del PD non solo non hanno battuto per la sinistra latinoamericana ma nemmeno per altri casi di pallida socialdemocrazia come quello dello spagnolo José Luís Rodríguez Zapatero, troppo laico o del tedesco Gerhard Schröder, troppo legato ai sindacati. Solo il guerrafondaio Tony Blair, rottamatore del laburismo e più tardi Barack Obama, non meno esotico per l’Italia di vari presidenti latinoamericani, hanno scaldato i cuori del centro-sinistra italiano.

Il PD (e prima di questo i DS) ha quindi deliberatamente scelto in questo decennio non solo di ignorare ma di contribuire a demonizzare il cammino dei governi latinoamericani che si sono allontanati dall’ortodossia neoliberale e dal fondomonetarismo. Ciò non perché questi potessero essere calco o copia per l’Italia, ma perché la loro stessa esistenza rivelava l’incapacità di offrire un’alternativa a quello che i DS hanno sempre considerato come il migliore dei mondi possibili: un berlusconismo liberato appena delle sue caratteristiche circensi e delle peggiori asprezze e inefficienze.

Non è perché la politica latinoamericana, il centro-sinistra di Lula, il peronismo dei Kirchner, il riformismo del socialismo del XXI secolo di Hugo Chávez, il “buon vivere” di Evo Morales, possano essere importati nella cultura politica europea. E’ perché il centro-sinistra italiano è incapace di pensare alternative al modello vigente (il Fassino che “se fossi un operaio starei con Marchionne” è un’altra perla) che “con questi dirigenti non vinceremo mai” e viviamo nella palude attuale. Al contrario l’America latina ha dimostrato che il concetto di “battaglia delle idee” sia più centrale che mai e proprio perciò vive una delle più vivaci stagioni della sua storia. Cosa ne sapete voi del PD di uomini di sinistra?

Gennaro Carotenuto

www.gennarocarotenuto.it/14740-il-pd-e-lula/



Battisti e il rito dell’indignazione nazionale

Il principale pensiero che mi ha ispirato l’unanime reazione italiana di condanna alla decisione di Lula di concedere l’asilo politico a Cesare Battisti è che gli italiani hanno una precisa immagine di sé, ma non hanno alcuna idea di come siano visti da un paese come il Brasile.

Il governo brasiliano (decisamente un orgoglioso protagonista positivo della scena globale degli ultimi anni) è fatto da un buon numero di persone che negli anni della dittatura militare – appoggiata dagli USA – marcirono in carcere. Tra essi il più noto prigioniero politico è Lula stesso, che pagò per le sue attività di dirigente sindacale non piegato ai desideri delle aristocrazie economiche che appoggiavano la dittatura. Il secondo più noto prigioniero politico è Dilma Roussef, il capo dello stato che domani subentrerà a Lula, e che finì in galera per aver fatto parte di una banda armata.

L’Italia, dal canto suo, è il paese che ha mostrato “geometrica potenza” nell’individuare e nello smantellare le reti terroristiche di matrice rossa (comminando secoli di carcere ai suoi membri, anche per le responsabilità più lievi), mentre è stato infingardo, inetto e connivente nel colpire le responsabilità della “strategia della tensione”, arrivando a metabolizzare la presenza pressoché strutturale di servizi segreti deviati, e addirittura una vergogna della storia nazionale come la struttura clandestina della Nato “Gladio”, tenuta segreta persino a presidenti del consiglio come Amintore Fanfani.

In questo contesto, il governo Lula si è trovato a esaminare una relazione dell’Avvocatura dello Stato (organo politico-giudiziario di un paese che ci è amico e non ha alcun interesse a veder peggiorare le sue relazioni con noi) che solleva grosse perplessità sul caso Battisti. E la nostra reazione – perfettamente plausibile per le rimozioni del nostro passato – è che i brasiliani ci abbiano voluto fare un affronto gratuito. Senza ammettere la possibilità che potessero avere qualche argomento valido, come del resto i francesi prima di loro.

A proposito dei francesi… perché non abbiamo mai fatto la voce grossa con loro a causa della dottrina Mitterrand come stiamo facendo adesso con il Brasile? Non sarà perché nel nostro provincialismo continuiamo a pensare al Brasile come un paese che possiamo guardare dall’alto in basso, mentre la Francia ci fa un po’ soggezione? Sarebbe veramente da ridere se la nostra classe dirigente non abbia ancora capito il rimodellamento delle gerarchie internazionali in atto, che vedono il Brasile come un attore di prima grandezza della scena internazionale e l’Italia come una realtà di secondaria importanza sempre più declinante.

Se le tendenze del Pil di Italia e Brasile continuano a essere quelle che sono state negli ultimi anni, alla fine dovremo aprire gli occhi per forza. Prevedo che allora, in materia di assassini mostreremo verso Cesare Battisti la stessa “saggezza” che abbiamo dimostrato per Mario Lozano.

PS. Vale la pena di ricordare — dato che le tv non lo fanno — che Battisti non fu autore dell’omicidio di Pierluigi Torreggiani, ma compare tra i mandanti per un voto dato in un’affollata assemblea di cui non c’è verbale. Il figlio paraplegico di Torreggiani, Alberto, fu colpito da una pallottola sparata da suo padre. Cò non toglie responsabilità agli autori dell’agguato — effettivamente rivolto uccidere Torreggiani — ma l’uso cinico dell’immagine della sedia a rotelle che fa la tv, omettendo i dettagli e in costante associazione al caso Battisti, è tipica della nostra narrativa degli Anni di Piombo.

PPS. Dopo l’aver versato sangue di innocenti, la responsabilità più grave del terrorismo di sinistra è di aver fornito il pretesto per questi riti autoassolutori di una classe politica e giornalistica corrotta e servile, che ora pensa di poter fare la morale al Brasile.

http://subecumene.wordpress.com/2010/12/31...ione-nazionale/
 
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