| Ricostruire Rifondazione, ripartire dalla militanza
Gianluca Schiavon* Il rilancio del processo della rifondazione non è solo una scommessa, ma è il nostro impegno. L'impegno consiste nel rafforzare il Partito fino a innervarlo sul territorio, a farne un corpo sociale distinguibile, oltre che un collettivo fondato su opzioni politiche generali. E rafforzando il Prc si rafforza la sinistra: una sinistra mai così smarrita, mai così in crisi. Gli strumenti di analisi e di azione più adeguati al fine sono stati condivisi nella Conferenza di organizzazione svolta a Carrara. In quella sede era stata elaborata un'idea di organizzazione a-burocratica nella quale gli incarichi istituzionali e di direzione non si cumulavano, anzi erano soggetti a turnazione, nella quale regole chiare e semplici venivano fatte rispettare a tutte le iscritte e a tutti gli iscritti. Provammo allora a diagnosticare le patologie del Partito e a individuarne i rimedi. A meno di due anni da quell'assise vale la pena riconoscere che i mali non sono stati curati, né è sufficiente evocare le scadenze drammaticamente negative. La mancata soluzione dei problemi sull'organizzazione è stata tra le cause, non il principale effetto, della débâcle elettorale e dell'ultima scissione. Va riconosciuto che molti rimedi proposti a Carrara sono stati inseriti nella redazione dell'ultimo Statuto ma le disposizioni statutarie finiscono per essere lettera morta se non sono conosciute e, soprattutto, se non trovano applicazione. Allora ripartiamo dalle proposte più incisive: favorire l'adesione al Prc rendendo più capillare e flessibile il tesseramento, rafforzare nondimeno il progetto generale e la struttura centrale connettendoli ai territori. Non sfugge infatti che alcune delle attività tipiche del rafforzamento di un'organizzazione complessa, qual è un partito, non funzionano se non promosse dal livello nazionale. È il caso della formazione per tutte e tutti le militanti e i militanti. È il caso dell'inchiesta. È il caso anche della valutazione sull'efficacia delle politiche realizzate dai governi regionali e locali. Un giudizio sul quale devono influire una comparazione tra le politiche pubbliche di governi geograficamente omogenei e una comparazione storica. Queste attività - formazione, inchiesta e valutazione dell'efficacia delle politiche pubbliche - sono tanto più importanti perché il Partito vive nell'inedita condizione di forza extra-parlamentare sul livello statale, ma di forza di governo in innumerevoli enti locali e in 11 regioni. Al rischio della trasformazione in una federazione di correnti si è aggiunto quello ancora più insidioso della formazione di una direzione parallela formata da eletti nelle istituzioni locali indifferente e neghittosa rispetto alle scelte politiche generali. Non è altrimenti comprensibile come viene applicato il documento approvato al Congresso di Chianciano quando impone di «impedire ogni degenerazione del partito in senso leaderistico e plebiscitario ed ogni subordinazione del partito alle rappresentanze istituzionali e ai rapporti verticistici con altre forze politiche». Non è il tempo di individuare capri espiatori, lo sforzo per ridurre le distanze tra dirigenti e militanti a livello nazionale è stato iniziato con una riduzione dei salari ma ciò non può più bastare. La militanza è spesso frustrata dal governo consociativo in giunte o in consigli di amministrazione, l'attività dei quali viene discussa negli organismi dirigenti solo per le linee guida. E' il tempo di conoscere e confrontare l'attività di tutti gli enti pubblici in cui il Partito è coinvolto e di incrociarne i risultati con i conflitti e le vertenze costruiti. E' il tempo del rinnovamento e di una selezione non casuale dei quadri e dei rappresentanti istituzionali dando vita alla rotazione negli incarichi. E' il tempo di rilanciare con risorse, non solo economiche, un processo di formazione e informazione delle e dei militanti. Quest'ultima attività, normalmente ritenuta strategica, è stata percepita nel Partito come un accidente, non come un valore. Oggi l'esigenza di socializzare le conoscenze e di mettere in campo una controffensiva culturale a tutto tondo è parte della sopravvivenza del nostro progetto e della resistenza al pensiero dominante.
*vicepresidente del Collegio nazionale di garanzia
da Liberazione
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