Direzione nazionale, venerdì 6 e lunedì 16 marzo 2009

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catartica
view post Posted on 21/3/2009, 00:27




Paolo Ferrero - Relazione

La crisi è il contesto in cui si situa la nostra azione politica. Questa non è caduta dal cielo, che non è il frutto di qualche cattivo banchiere che ha falsato le regole del gioco. La crisi è il frutto proprio di quelle politiche liberiste che i capitalisti hanno portato avanti dagli anni '80 e che sono state condivise a livello politico sia dal centro destra che dal centro sinistra. Al centro delle politiche liberiste abbiamo avuto la finanziariazzazione dell'economia e la sistematica compressione dei salari, delle pensioni e delle politiche di welfare. Queste politiche tutte orientate all'esportazione e alla speculazione finanziaria a breve hanno prodotto la situazione attuale: le banche sono piene zeppe di titoli che non valgono nulla e milioni di lavoratori non hanno i soldi per arrivare a fine mese, cioè per comprare le merci e i servizi che producono. Questa crisi è quindi una crisi del meccanismo di accumulazione capitalistico e non è solo una crisi economica ma una crisi ambientale e alimentare. Da una crisi di questa natura non è possibile uscirne senza una radicale messa in discussione della distribuzione del reddito e del potere e senza riprogettare il modello di sviluppo: cosa, come, per chi produrre. Se non si affrontano questi nodi, l'idea che dopo un po' la crisi sia destinata a risolversi "da sola" e che quindi si tratti solo di aspettare, è sbagliata.
La politica che sta facendo il governo Berlusconi non è finalizzata all'uscita dalla crisi da piuttosto all'uso della crisi a fini politici. Berlusconi sta usando la crisi per costruire una organica svolta a destra: presidenzialismo, distruzione del sindacato, attacco ai diritti sociali e civili, attacco all'ambiente e sua mercificazione, promozione di ideologie razziste, sessiste e clericali come "religione civile" del paese. Le ideologie reazionarie non sono un optional di questa politica: costituiscono il collante ideologico che permette di costruire consenso anche tra chi vede peggiorare la propria condizione. Bossi e il Papa svolgono la funzione deleteria che hanno svolto i nazionalisti e i nazionalismi all'inizio del ‘900. La gestione autoritaria della frantumazione del conflitto sociale è l'obiettivo berlusconiano: il clerico fascismo per l'appunto. L'obiettivo della destra non è quindi l'uscita dalla crisi ma l'uso della stessa per costruire un regime reazionario.
Per uscire dalla crisi a sinistra e quindi per sconfiggere il progetto berlusconiano è quindi necessario costruire un movimento di massa per l'alternativa. Senza un progetto alternativo che unisca la difesa degli interessi materiali immediati con i valori civili e la proposta di uno sviluppo alternativo, di una rivoluzione ambientale e sociale dell'economia, non è possibile uscire positivamente dalla crisi.
Per questo dobbiamo far vivere dentro le lotte, a partire da quelle organizzate dalla Cgil e dal sindacalismo di base, la costruzione di una piattaforma di alternativa: pesante redistribuzione del reddito e salario sociale per tutti i disoccupati, intervento pubblico in economia per praticare la riconversione ambientale e sociale della stessa, proposta di un nuovo umanesimo laico che veda nell'autodeterminazione degli uomini e delle donne il punto focale. Per superare la frammentazione sociale e la guerra tra i poveri è decisivo che una piattaforma concreta di riunificazione sociale viva dentro la costruzione delle lotte.
Questo chiede un salto di qualità del partito su più livelli:
innanzitutto è necessario che nella nostra iniziativa politica diffusa risulti più chiaro che la crisi è il contesto in cui si deve porre il nostro agire politico oggi. Questo punto è presente nella nostra elaborazione ma non ancora sufficientemente presente nella nostra iniziativa politica. il partito da vita a pregevoli iniziative ma ancora troppo a macchie di leopardo. Abbiamo un problema urgente di costruzione di una iniziativa unitaria del partito che coinvolga tutto il territorio nazionale e attivizzi tutte le federazioni e tutti i circoli. Sottolineo questo elemento perché dove vengono organizzate iniziative queste vedono un buon successo: vi è una domanda sociale e politica di risposte che dobbiamo intercettare, interpretare e a cui dobbiamo dare risposte. Dobbiamo estendere le buone pratiche.
In secondo luogo è necessario cogliere fino in fondo la necessità di stare dentro la costruzione di movimento organizzata dalla Cgil e dal sindacalismo di base. E' del tutto evidente che l'opposizione sociale che si esprime oggi attorno alle battaglie sindacali costituisce l'elemento fondamentale dell'opposizione stessa e apre la possibilità di costruire un movimento politico di massa contro la crisi. Dobbiamo quindi lavorare maggiormente per la costruzione delle mobilitazioni sindacali valorizzandone il tratto direttamente politico. Dobbiamo essere il partito che in modo più coerente costruisce con il sindacalismo di base e con la Cgil la mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici e dobbiamo dare un contributo di lettura della crisi. I mass media presentano la crisi come se si trattasse di un evento naturale, o al più, come l'esito nefasto della cattiva azione di alcuni banchieri senza scrupoli. Noi dobbiamo proporre al contrario una lettura strutturale, marxista, della crisi in cui sia chiaro che, come ho detto all'inizio, la crisi è il frutto maturo delle politiche liberiste e non un incidente. Fornire una lettura della crisi è necessario per proporre le giuste soluzioni all'uscita dalla crisi ed evitare che il governo possa impunemente utilizzare la crisi per spostare ulteriormente a destra l'asse politico del paese.
Al fine di rispondere positivamente sul piano dell'iniziativa politica proponiamo di dar vita ad una campagna di massa che parta dall'inizio di aprile e si articoli su tutto il territorio nazionale con l'obiettivo di costruire comitati contro la crisi e di fare una raccolta di firme su una petizione popolare che contenga le nostre proposte per uscire dalla crisi. i comitati contro la crisi devono essere strutture di base da costruire con più soggetti, in grado di fare un lavoro di massa sul territorio. Si tratta di costruire strutture di base che allarghino la partecipazione dei soggetti direttamente coinvolti dalla crisi, andando oltre alle forme di organizzazione politiche e sindacali. Vi è una disponibilità all'impegno e alla mobilitazione di strati non organizzati, si tratta di intercettare questa disponibilità con un allargamento della militanza sociale consapevole contro la crisi.
Per quanto riguarda la petizione popolare dovrebbe essere lo strumento per far conoscere su tutto il territorio nazionale la nostra proposta per uscire dalla crisi. la firma quindi come modalità di coinvolgimento più stretta nella condivisione della nostra proposta.
Sul piano politico è evidente che le elezioni Sarde segnano un punto di svolta. Non solo per il terremoto che hanno determinato nel Pd. Viene confermata la tenuta di Rifondazione Comunista, ma risulta evidente come il centro sinistra sia inefficace per battere le destre, anche li, come la Sardegna, dove il nostro giudizio sull'amministrazione non è stato negativo. Ci troviamo quindi di fronte al fallimento di una formula politica che va oltre al fallimento del governo Prodi e del progetto del Pd. La crisi ci impone un salto di qualità, occorre prenderne atto e approfondire l'indirizzo che abbiamo assunto nel congresso di Chianciano nella direzione di una costruzione di una sinistra di alternativa autonoma e alternativa al Pd che deve avere al centro la contestazione radicale del bipolarismo. Il bipolarismo non solo è una gabbia per la sinistra ma è funzionale al berlusconismo. La battaglia politica per il superamento del bipolarismo, verso un sistema elettorale alla tedesca, deve essere quindi rimessa al centro della nostra iniziativa politica parallelamente alla prospettiva di aggregazione della sinistra anticapitalista e comunista.
In questa direzione deve essere sviluppata la nostra proposta su come andare alle elezioni europee. Abbiamo detto della centralità del riferimento al Gue (il Gruppo Unitario della Sinistra) perché il problema è la costruzione in Europa di una sinistra alternativa alle socialdemocrazie. Stiamo operando affinché questa lista raggruppi in Italia tutte le soggettività politiche ed associative che condividono questa prospettiva. Una lista aperta da costruire attorno alla radicale messa in discussione dell'Europa di Maastricht, costruita da socialisti, liberali e popolari, che ha costituzionalizzato il neoliberismo e il cui monumento è la Banca Centrale Europea, dove un pugno di tecnocrati decidono delle nostre vite senza alcun vincolo democratico e sociale. La radicale messa in discussione delle liberalizzazioni, il controllo pubblico delle banche a partire dalla Bce, l'intervento pubblico in economia al fine di praticare una riconversione ambientale della medesima, la tassazione delle rendite finanziarie, la tobin tax sulle transazioni speculative, la rottura di ogni relazione finanziaria con i paradisi fiscali, sono tutti elementi di questo disegno che dobbiamo far vivere nelle lotte e nelle elezioni europee.
Il livello Europeo e il livello delle lotte sono i terreni decisivi di iniziativa politica. Uscire dal chiacchiericcio del bipolarismo tra simili che caratterizza il dibattito politico italiano e far vivere la concreta urgenza dell'alternativa nelle lotte e nella campagna per le europee è il nostro compito.


20/03/2009

http://liberazione.it/giornale_articolo.ph...articolo=447163


Conclusioni:

1. La campagna sulla crisi
E' questa la questione essenziale. Entro questa settimana, le cose decise e le iniziative che ci siamo dette vanno messe nero su bianco e tradotte in concreto in una proposta di campagna strutturata da agire nei territori e con una capacità nostra di fornire un quadro generale e una forza di comunicazione più incisiva. In primo luogo dobbiamo far partire all'inizio di aprile la campagna di massa di raccolta di firme sulla nostra proposta. Il materiale verrà inviato alle Federazioni nei prossimi giorni. In secondo luogo dobbiamo incrementare la quantità di iniziativa concreta, diffondendo le buone pratiche. La campagna del pane, per esempio, ha toccato oltre un quarto delle federazioni del partito. Dove si sono fatte assemblee sulla crisi coinvolgendo i lavoratori interessati, le iniziative sono andate bene. Si tratta di diffondere capillarmente queste buone pratiche. Occorre costruire i comitati unitari sulla crisi, promuovere iniziative e vertenze che partano dalla concretezza della condizione del territorio e dei conflitti. In questo quadro va raccolta e resa operativa la proposta di utilizzare compagni e compagne in Cig per costruire un intervento politico aggiuntivo sui territori. In terzo luogo dobbiamo organizzare una partecipazione di massa alle manifestazioni del sindacalismo di base e della Cgil ed ai controvertici ai G8 tematici che si terranno nelle prossime settimane e che precedono quello alla Maddalena.
Nel dibattito, è stato avanzato un rilievo sul taglio della risposta che è stata data alla proposta di Franceschini. Capisco l'obiezione ma ritengo necessario oggi adoperarsi per precisare al meglio le nostre proposte evitando di essere incapsulati in proposte minimaliste che non danno conto dell'origine della crisi e quindi della politica che deve essere adottata per uscire dalla crisi. Con le una tantum non si capisce nulla e non si va da nessuna parte. Il punto è che non dobbiamo essere la sinistra estrema del partito democratico ma essere autonomi anche a costo di essere vissuti fuori centro da una parte dell'estabilishment della sinistra.
Su due questioni fondamentali dobbiamo avere la capacità di sviluppare una decisa autonomia.
La prima è quella della configurazione del quadro politico. Lo dico con una esemplificazione: il sistema tedesco contro il bipolarismo. Il bipolarismo è esiziale per il nostro progetto politico e occorre battersi con chi ci sta per il ritorno al proporzionale e contro il referendum.
La seconda è la risposta alla crisi economica. Naturalmente, va fatta attenzione alla modalità della comunicazione, migliorandola ed evitando possibili strumentalizzazioni ma non dobbiamo però avere paura di spiazzare.
Sulle due questioni essenziali: la configurazione del sistema politico e le risposte alla crisi, la dialettica non è a due (Pd e destre) in cui a noi tocca il ruolo del "più uno" rispetto al Pd, ma a tre, in cui noi dobbiamo mantenere un profilo generale di grande autonomia a costo di scandalizzare un pezzo del senso comune di sinistra. In fin dei conti, per fare un esempio concreto, la stessa cosa l'abbiamo fatto pronunciandoci contro il trattato costituzionale europeo.

2. Le aree politiche
In primo luogo vorrei fare una precisazione: il convegno sul partito sociale non era una iniziativa di area ma una iniziativa promossa dal partito, dai suoi organismi nazionali che seguono il tema a livello di segreteria e di direzione.
A me pare del tutto evidente che la questione delle aree politiche è seria, a volte sembriamo una federazione di partiti. Tra un partito monolitico, guidato dal centralismo democratico, e la disgregazione in una federazione di partiti, ci sono strade intermedie. Penso che bisogna discuterne apertamente per cercare una via mediana che superi l'attuale frammentazione. Altrimenti, il grado di conflittualità sugli organismi dirigenti è destinato ad incancrenirsi e a favorire fenomeni di malcostume. Senza brutalità e senza fughe irrealistiche, va messo a tema questo nodo: elaborare un modo di stare assieme che valorizzi il pluralismo evitando che questo degeneri nella lottizzazione.

3. La Sardegna
Rispetto al tema che è stato sollevato, affermo con assoluta nettezza che fare iniziative delle aree con il simbolo del partito è sbagliato sempre. E' sbagliata ancora di più se fatta in relazione ad altri soggetti politici.
Le iniziative del partito sono decise dagli organismi dirigenti, altrimenti non si capisce più niente e arrivano messaggi addirittura contradditori all'esterno.
Altro punto è la relazione tra il Prc in Sardegna e il partito complessivamente. Anche qui affermo con nettezza una posizione: lo Statuto vale per tutti e in tutta Italia e non ha senso votare sullo statuto in Direzione. Il punto è che lo Statuto riconosce la specificità della Sardegna ma non l'indipendenza del partito Sardo. Come si va alle elezioni europee lo decide nazionalmente il partito non è pensabile che lo decida qualcun altro. Quindi, come ho già fatto più volte, ripeto la richiesta già avanzata al gruppo dirigente della Sardegna, di fare con il gruppo dirigente nazionale una discussione aperta e a fondo. Chiedo, quindi, che si possa partecipare a una discussione, senza che le posizioni vengano premesse come immodificabili.
Lo ripeto per non essere frainteso: i gruppi dirigenti eletti dai Congressi sono gli unici gruppi dirigenti legittimi, così come non si fanno iniziative di aree politiche con il simbolo del partito. Fatte queste premesse, chiedo al gruppo dirigente del partito in Sardegna, con il riconoscimento della sua autonomia, di riconoscersi dentro il partito. Su questi basi, chiedo una discussione.

4. Elezioni europee e progetto politico
Stiamo lavorando per costruire una lista per le elezioni europee sulla base della linea del congresso: partire dal simbolo di Rifondazione Comunista e dall'adesione al Gue.
E' del tutto evidente che gli interlocutori con i quali abbiamo avviato una discussione comune abbiano differenti linee politiche. C'è quella che vede nella lista l'ipotesi di un cartello che vada verso la costruzione di un partito anticapitalista (Sinistra Critica). C'è quella del Pdci di connotare la lista come anteprima dell'unificazione tra Prc e Pdci.
Progetti legittimi, naturalmente, ma che non vanno caricati sulla lista da costruire.
Da parte nostra, dobbiamo agire su due livelli. Da un lato tenere ben distinti i due percorsi: la lista è finalizzata alle elezioni europee. Le forze che vi aderiscono hanno differenti e legittimi progetti che vanno, però, tenuti un passo indietro per evitare un gioco concentrico di rigidità e di ripetere i pasticci della Sinistra Arcobaleno. Anche per questo mi pare utile la proposta di non candidare i segretari di partito.
Dall'altro lato, però, fermo restando quanto detto prima, anche noi abbiamo la responsabilità di esplicitare maggiormente il nostro progetto politico. Questa dovrebbe essere la discussione della prossima fase politica.
Senza voler già da ora ipotecare questa discussione, anticipo questo orientamento personale.
I temi dell'unità della sinistra di alternativa, dell'unità della sinistra anticapitalista e comunista sono nodi e opportunità vere. Al congresso, ci siamo opposti all'idea di sciogliere il Prc dentro un coacervo indistinto. Ma questo non comporta che il tema dell'unità non esista e che tu non debba farci i conti.
Penso, però, che questo processo unitario non possa prescindere da avere un punto politico guida che è il seguente: quale è la relazione tra questo processo unitario e la collocazione politica? Il discorso dell'unità, quindi, parte dal tema della collocazione politica: siamo la sinistra estrema del Pd o un'altra cosa ? Nel 1998 sbagliammo noi o qualcun altro ?
Il tema del rapporto con il bipolarismo è stato causa di tutte le nostre scissioni (da quella dei comunisti unitari ai tempi del governo Dini, al 1998 con Cossutta, fino ad oggi). Questo tema del rapporto con il bipolarismo e di come declini la tua autonomia culturale e politica è decisivo. Non basta dire quindi che siamo comunisti, occorre discutere di cosa vogliamo fare, altrimenti non si capirebbe perché abbiamo avuto 7 scissioni in 18 anni di vita.
Il secondo punto è la questione del rapporto con i movimenti. Si tratta di un punto decisivo per dei rivoluzionari. Lo si è visto, per fare un esempio, in Grecia. Il rapporto con il movimento è stato il discrimine tra i due partiti della sinistra. Da un lato, il Sinaspismos ha costruito una relazione e coperto il movimento, fino a subire accuse infamanti; dall'altro il Kke ne è rimasto estraneo.
Io penso che un partito comunista, anticapitalista, deve stare dentro i conflitti sociali così come si presentano e dentro questi lavorarci. Penso quindi che c'è un problema di internità dentro la costruzione dei movimenti.
Il terzo punto è quello della rifondazione comunista. Non è solo il nome che non a caso abbiamo scelto alla nostra nascita ma il nostro progetto politico. L'unità dei due termini continua ad esser la nostra bussola e la nostra prospettiva, non meno ma più di allora.
Ho sollevato tre nodi di cultura e linea politica che credo dobbiamo affrontare apertamente. Avverto infatti un rischio: quello che il progetto di Chianciano del rilancio della rifondazione comunista venga svuotato nei fatti e che nella polarizzazione tra unità della sinistra senza aggettivi e unità comunista il nostro progetto scompaia oppure appaia come una resistenza settaria.
Ripeto, la lista per le europee non va caricata del progetto politico di una parte ma una discussione va aperta anche partendo dal nostro progetto e dalla nostra proposta che riguarda la costruzione della sinistra di alternativa, la sua unità e la sua autonomia.
Dobbiamo quindi affrontare una fase politica impegnativa: innanzitutto la campagna contro la crisi e la costruzione della presentazione alle europee. In secondo luogo una discussione sul nostro funzionamento interno e sulla precisazione del nostro progetto politico, facendo un passo in avanti rispetto al congresso. Lì abbiamo prodotto un punto di sintesi che ci ha permesso di salvare il partito. Ora dobbiamo proporci un passo in avanti per porre in positivo il nostro investimento sulla rifondazione comunista nella direzione di ricostruzione della sinistra di alternativa.


20/03/2009

http://liberazione.it/giornale_articolo.ph...articolo=447164

http://liberazione.it/giornale_articolo.ph...articolo=447168
 
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rikycccp
view post Posted on 21/3/2009, 00:44




Ottimo il segretario sulla situazione sarda
 
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